Siamo a Serdiana, nell sud della Sardegna; qui è ubicata la sede storica di una delle più grandi ed importanti cantine dell’isola sarda, ma anche di tutto il continente: Argiolas.
In un territorio meraviglioso, dove al clima tipicamente Mediterraneo si sposano le inimitabili brezze marine, in quell’isola di grandi lavoratori in cui l’agricoltura, l’allevamento e l’amore per la propria terra è alla base di tutto. Quei comportamenti che si tramandano di padre in figlio, di nonno in nipote, in una terra magica dove le tradizioni sono al centro della vita quotidiana; dalle storiche sagre paesane all’artigianato, dalla pastorizia alla cultura per il cavallo, dalla cucina tipica alla viticultura. Tutto qui ha un qualcosa di speciale, quel qualcosa che si traduce in storia, facendoci percepire fin da subito che non è una regione come tutte le altre: la Sardegna.
Ma tornando a noi: l’origine di questa azienda, esclusivamente a conduzione familiare, risale al 1938 per opera di Antonio Argiolas, il cui padre alcuni anni prima, esattamente nel 1918, acquisì il primo appezzamento di vigna a Serdiana. Così ebbe inizio la storia di una delle cantine pioniere della viticultura sarda. Successivamente alla fondazione, Antonio, iniziò a impiantare le prime barbatelle per dare vita ai propri filari e alle sue vigne per poi, con il passare degli anni, iniziare a produrre vini con rigore, ricercando costantemente il progresso. Considerato punto di riferimento della viticultura in Sardegna, Antonio anche negli anni ’70, quando molti viticoltori decisero di accettare i contributi per l’espianto delle viti, ha continuato a credere nei suoi progetti, quelli di produrre vino nella propria terra natia.
Riuscì ad arrivare a grandi livelli qualitativi e a farsi conoscere nel mercato – difficile in quel periodo – in tempi abbastanza brevi. L’enologo della cantina Argiolas all’epoca era un giovane Giacomo Tachis, ideatore di molti vini bandiera dell’enologia italiana, quali il Sassicaia, il Tignanello e il San Leonardo solo per citarne alcuni. Tachis giocò un ruolo fondamentale per quelli che furono i risultati futuri dell’azienda.
Quest’ultimo assieme ad Antonio Argiolas, nel 1988, iniziarono a produrre un vino unico, che potesse esprimere a pieno le particolarità e le caratteristiche che quella zona donava, un vino che rappresentasse a pieno il terroir sardo, il quale con il tempo è diventato l’emblema sia dell’azienda che dell’enologia sarda: il Turriga.
Prodotto con un blend di quattro uve a bacca nera (3 delle quali autoctone), vede come protagonista il Cannonau per l’85% – vitigno maggiormente utilizzato in Sardegna che copre attualmente il 29% della superfice vitata – 5% di Carignano, 5% Bovale e 5% di Malvasia Nera.
La produzione del Turriga prende il via con la vendemmia fatta rigorosamente a mano, nei mesi tra ottobre e novembre. Dalle prime luci dell’alba si protrae per tutta la mattina fino a quando le temperature non iniziano a salire, questo per far sì in primis che le uve appena vendemmiate non inizino la fermentazione nelle ceste di raccolta dovuta all’elevata temperatura e in seconda parte anche per mantenere quelle che sono le peculiarità: freschezza e tutti quegli aromi presenti nelle bucce degli acini.
Dopodiché avviene un’accurata vagliatura dei grappoli, per poi iniziare la fermentazione delle differenti uve che viene effettuata separatamente tra loro a temperatura controllata tra 28 e 32° in contenitori di acciaio. La macerazione sulle bucce dura circa 16-18 giorni con la messa in atto della tecnica del delestage, pratica che consiste nello svuotare la vasca dove è stato immesso il pigiato (mosto+vinacce) solo della parte liquida, lasciando che il cappello di vinacce si adagi sul fondo per poi riempirla di nuovo per avere ancora una miglior estrazione dalle bucce. Segue la maturazione in barriques nuove di rovere francese per un periodo che si aggira attorno ai 24 mesi, per poi successivamente essere imbottigliato e rimanere in affinamento in cantina per altri 12 mesi prima di uscire in commercio.
Il Turriga vanta della denominazione Isola dei Nuraghi IGT.
Un vino potente ma elegantissimo, di grande struttura, con una complessità ampia, frutto del connubio perfetto tra acidità e tannini.
Come appunto qualsiasi tradizione (ma in particolar modo in terra sarda), l’azienda è passata successivamente nelle mani dei figli Franco e Giuseppe, ereditando dal padre anche la grande passione e lo spirito delle tradizioni vinicole di un tempo. Oggi nell’azienda vi lavora la terza generazione della famiglia Argiolas ovvero i nipoti di Antonio. L’azienda, sempre in prima fila dal punto di vista della sperimentazione, ha impiantato nei propri terreni un vigneto con più di 550 biotipi di varietà autoctone sarde, rendendola tra le cantine più importanti, pioniera dell’evoluzione e della sostenibilità. Nei suoi 230 ettari vitati, si producono tra le più note uve sarde e non, come il Vermentino, il Nuragus e il Nasco per i vitigni a bacca bianca, mentre il Cannonau, il Bovale, la Monica, la Malvasia Nera e il Carignano per quelle a bacca nera.
Tutti i vini prodotti sono di qualità estremamente elevata, frutto di tradizione, passione e amore per il proprio lavoro e per la propria terra.