Il ciclo produttivo di un vino a primo acchito può risultare semplice, forse anche banale: i grappoli crescono, vengono raccolti, pressati, messi in contenitore per fermentazione, poi arriva la bottiglia e il gioco è fatto. Ma in un semplice calice di vino è racchiuso non solo il gusto, ma tutto il mondo della natura dal principio alla fine.
Da qui un solo verbo è sempre ricorrente per un produttore: SCEGLIERE.
Esatto, scegliere: il tipo di barbatella, il tipo di allevamento, se una filosofia industriale-biologica-biodinamica, se fare cimatura, il livello di zuccheri-acidi-polifenoli per giusta maturazione, se raccolta manuale-mezzi meccanici, periodo di vendemmia, se diraspare tutto-solo una parte-non diraspare, se aggiungere lieviti naturali-selezionati, se utilizzare vasche di acciaio-cemento-argilla-legno, se utilizzare tappi in sughero-vetro-sintetici-a vite-a corona… e infinitamente molto altro ancora.
Tra tutto ciò, un punto fondamentale è il momento post fermentazione e cioè della maturazione. Il vino è una materia viva e dinamica, gli equilibri che lo sostengono si trasformano nel tempo. Si parla di maturazione per definire la fase precedente l’imbottigliamento del vino e di affinamento per quella successiva. Alla fase fermentativa, nella quale il rapporto con l’ossigeno è stato libero e positivo, segue la maturazione nella quale il vino deve essere protetto da un’ossigenazione eccessiva; i contenitori andranno tenuti sempre colmi grazie a periodici rabbocchi e chiusi con appositi tappi, detti colmatori. Il vino può rimanere negli stessi serbatoi della fermentazione oppure essere travasato in altri recipienti di materiali diversi (legno, acciaio, cemento o argilla) e di varie dimensioni. La scelta del tipo di contenitore imprime una traccia stilistica al vino. Ogni materiale ha i suoi pro e contro, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza:
- Acciaio: perfetto dal punto di vista sanitario, di tenuta e termico, non cede nulla al vino e consente un’evoluzione in ambiente sigillato, senza contatto con l’ossigeno. Permette di controllare la temperatura del mosto. Dopo il lavaggio a fine stagione non permettono ai lieviti ereditati dalla fermentazione di permanere sulle parenti interne, così da riprendere la loro attività l’anno seguente. È neutro, se ha il pregio di non essere invadente come il legno della barrique, ha il limite di non intrecciare alcuna relazione con il liquido. Emidio Pepe afferma che l’acciaio “toglie al vino la camicia”, inoltre un fenomeno a “pila” sottrae energia al vino generando un dannoso campo magnetico.
- Cemento: Il vantaggio è la neutralità, che consente di non alterare il vino e preservarne le note peculiari, olfattive e gustative. Caratteri simili all’acciaio ma con una differenza importante, la sua porosità. Oltre ad essere un ottimo isolante termico il cemento garantisce una traspirazione con l’ambiente esterno, non tanto quanto il legno, ma sicuramente di più rispetto a materiali stagni quali acciaio e resine. Sembrerebbe il contenitore più idoneo ma il problema è il materiale con cui sono costruite le vasche. Quelle in commercio sono ricche di metalli e la vernice di vetrificazione non basta a garantire la non-nocività di questi serbatoi.
- Anfora: L’argilla ha diversi effetti positivi. Nella maturazione amplifica le peculiarità del vino, siano esse qualificanti o degradanti: esalta i profumi, la tattilità e la sapidità di un vino, ma può trasformare in difetti evidenti l’incerta sanità delle uve. L’argilla è importante per l’illimpidimento in quanto aiuta a trovare stabilità senza privarlo della sostanza. Ne giova anche il profumo, più coinvolgente e partecipe, il sapore che può esibire tutta la polpa e le sensazioni finali che prolungano le loro vibrazioni. L’anfora è spesso interrata così da creare un isolamento termico naturale che rende le fermentazioni lente e delicate.
- Legno: Tra i vari tipi di legno – acacia, ciliegio e acero – il rovere è quello che meglio governa le esigenze del vino: è meno invasivo di altri legni come, ad esempio, il castagno che imbrunisce il colore del vino facendolo apparire più vecchio. Il rovere più pregiato proviene dalla Francia e dalla Slovenia, quello francese ha un’azione molto intensa che mantiene giovane l’espressione del vino mentre lo sloveno è adatto alle tipologie di lungo invecchiamento. Le botti si distinguono fra legni piccoli e legni grandi. Per legno piccolo si intende un contenitore chiamato barrique che si può suddividere in tre famiglie. La prima famiglia è composta da: barrique di beaujolais capacità 215 litri, barrique bordolese capacità 225 litri e barrique borgogna capacità 228 litri. La seconda famiglia: botticella di Nantes capacità 230 litri. La terza famiglia: doppia barrique (tonneau) con capacità che variano da 450-500 litri fino a un massimo di 700 litri.
Con legni grandi intendiamo invece botti, tini e contenitori con capacità oltre i 1000 litri. La misura media è da 2500 a 5000 litri. Di primaria importanza però non è tanto la dimensione ma la qualità del legno usato e la perfetta stagionatura delle assi, che dovrebbero essere esposti all’aria per almeno tre anni prima dell’utilizzo, così da lasciare andare dei tannini troppo aggressivi. La cessione di varie sostanze, la micro-ossigenazione, la riduzione della massa per evaporazione dell’alcol e la conseguente concentrazione sono apporti tipici dell’affinamento in legno. Ma non è semplice: occorre esperienza per capire la tipologia del legno adeguata e il tempo di permanenza necessario al vino, in modo che la botte sia un luogo di maturazione e non un elemento aromatizzante. Bisogna prestare anche particolare attenzione all’umidità presente in cantina, per ridurre le perdite (mediamente inferiori al 2% anno): si considerano valori accettabili l’85-94% di umidità relativa da mantenere, se necessario, con appositi condizionatori.
Il contenitore ideale dipende dal tipo di vino che si produce. Servono sensibilità e competenza da parte del produttore per fare in modo che il proprio vino esprima personalità, che si traduca in un prodotto emotivo frutto del miglior rapporto tra la terra, la vite e la mano dell’uomo.
Il percorso che sviluppa il grappolo d’uva a vino è come il crescere di un bambino. Ci vuole cura, pazienza, amore, tempo. Bisogna fare scelte accurate e ponderate, affinché abbia una struttura solida nell’ottica di un futuro roseo pieno di successi.