La storia di cui vi voglio parlare oggi è una di quelle belle, nate quasi per caso, da una delle famiglie più importanti e fondatrici dell’enologia italiana: la Marchesi Antinori. Vanta ben 26 generazioni di viticoltori, tutte a contatto diretto con il proprio lavoro. Ben seicento anni di storia, da quando Giovanni di Piero Antinori, nel 1385, entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri.
Ma torniamo a noi; siamo in Toscana, nel cuore della denominazione storica e più conosciuta: il Chianti Classico DOCG. Situata sulle dolci colline che si estendono tra le vallate di San Casciano Val di Pesa e Greve in Chianti, si estende la Tenuta Tignanello per circa 319 ettari (130 dei quali vitati). Qui vi sono coltivati in essi i due vigneti simbolo dell’azienda, conosciuti in tutto il mondo per la loro fama: il Tignanello ed il Solaia, che si estendono entrambi sulla medesima collina. Il terreno è ricco di marne marine derivanti dall’epoca Pliocenica, che ebbe inizio 5,332 milioni di anni fa; calcare e scisto, caratterizzato da un clima eccezionale per la viticultura, che vede importanti sbalzi termici favorevoli ad un’ottima e sana maturazione dell’uva.
La Storia del Solaia risale al 1978 a seguito di una vendemmia molto produttiva e favorevole nella vigna di Tignanello, soprattutto per il Cabernet. Proprio in quest’annata, il Marchese Piero Antinori (che aveva iniziato già da qualche anno prima a conoscere in maniera ottimale le caratteristiche e le peculiarità del Cabernet dal cugino Mario Incisa della Rocchetta della Tenuta San Guido), assieme all’enologo di fama mondiale Giacomo Tachis, decidono di raccogliere e vinificare separatamente appunto questo vitigno internazionale.
Vennero prodotte circa 3600 bottiglie che presero il nome di Solaia, termine derivante dalla collina più assolata del vigneto in cui provengono le uve. Dopo circa un paio di anni e di continue sperimentazioni per cercare di migliorare questo vino, venne aggiunto il 20% del vitigno autoctono e simbolo della zona chiantigiana: il Sangiovese.
Si venne a creare un blend di uve che erano il riflesso del vino simbolo dell’azienda fino a quel momento: il Tignanello. Quest’ultimo era stato già una svolta dal punto di vista enologico, poiché uscì letteralmente dagli schemi e da quel disciplinare del Chianti Classico – instituito da Bettino Ricasoli – che imponeva l’uso di uve a bacca bianca per i vini della zona.
Vennero così utilizzate per la prima volta solo uve a bacca nera, quali Sangiovese 80% e 20% di uve toscane (Canaiolo, Colorino, Mammolo e Malvasia Nera), per poi in seguito esser sostituite da Cabernet Sauvignon e Franc.
Per il Solaia inizialmente furono utilizzati l’80% di Cabernet Sauvignon e il 20% Cabernet Franc. Successivamente vennero variate le percentuali degli uvaggi e si vide l’aggiunta del 20% di Sangiovese a discapito dei Cabernet, arrivando ad impiegare il 75% di Cabernet Sauvignon e il 5% di Cabernet Franc e riuscendo così a creare un connubio perfetto merito anche dell’ottimo terroir e dell’egregio lavoro in cantina. Grazie a questa etichetta si realizzò il sogno di Piero Antinori: quello di produrre un eccellente vino che potesse direttamente confrontarsi con i grandi Cabernet di Bordeaux e della Napa Valley.
Solaia proviene da circa 20 ettari vitati ed è frutto solo delle migliori annate (proprio per questo non è stato prodotto nei millesimi 1980, 1981, 1983, 1984 e 1992), le quali abbiano portato le uve ad eccellenti maturazioni e in perfette condizioni al momento della vendemmia. La raccolta si svolge all’incirca tra l’ultima settimana di settembre e metà ottobre, in base anche alle particolarità metereologiche dell’annata corrente.
I grappoli vengo attentamente selezionati sul tavolo della cernita prima della diraspatura per poi gli acini essere delicatamente pigiati; dopodiché arrivano nei serbatoi troncoconici da 60 hl dove avviene la vinificazione. Durante la fermentazione e la macerazione, i mosti si trasformano in vino, ed è proprio in queste fasi che serve l’occhio attento dei cantinieri, i quali vigilano e in casi di necessità intervengono per mantenere intatta la freschezza, i profumi, l’estrazione del colore e la gestione del tannino che è volta all’eleganza.
Successivamente avviene la fermentazione malolattica, che si svolge in barrique nuove di rovere francese per circa 18 mesi, per esaltare ancor di più la complessità e la piacevolezza. Dopo un primo periodo di affinamento in lotti separati, vengono di conseguenza assemblati per poi completare la mutazione in legno al termine della quale il vino viene imbottigliato e lasciato affinare in vetro per almeno 12 mesi prima di entrare in commercio.
Il Solaia è stato protagonista indiscusso dell’enologia italiana, tra i più rinomati e premiati Super Tuscans. L’apice lo ha raggiunto nell’anno 2000, con l’annata 1997, quando fu proclamato miglior vino al mondo, segnando una vera e propria rinascita della viticultura italiana nel. Le annate seguenti si sono affermate con un successo continuo, ricevendo i migliori elogi dalla critica nazionale ed internazionale. Il Solaia è stato più volte protagonista al vertice della classifica italiana dei miglior vini e tra le etichette più ricercate al mondo.