La storia di oggi arriva da una delle aree più difficili sia sotto il profilo vitivinicolo che agricolo; parliamo di una terra ardua, ricca di rocce e povera di terreno: il Carso.
Il Carso è un altopiano roccioso che si estende tra il Friuli, la Slovenia e la Croazia. Come già accennato è una piana roccioso-calcareo, noto storicamente per essere stato teatro di violente battaglie nella prima Guerra Mondiale tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico.
Dal punto di vista vitivinicolo è stato molto spesso sottovalutato nei decenni scorsi per i suoi vini di carattere modico, dovuti anche al difficoltoso terreno su cui vi erano adagiate le viti e alla scarsa visibilità mediatica. È una zona con moltissima roccia e davvero pochi centimetri di terra quella su cui si estendono i vigneti carsici.
Uno dei viticoltori pionieri della zona è di sicuro Edi Kante, che compare nella scena vinicola nel 1980. Fin da subito inizia un’attenta ricerca e un approfondito studio sulla sua area geografica e su quel mondo – quello dei vini bianchi – che caratterizza il piccolo lembo di terra che dai pendii delle Alpi Giulie si snoda fino al Mar Adriatico.
Produrre vino – sempre secondo Kante – non è imbottigliare il prodotto e venderlo, ma voleva con i propri vini raccontare quel territorio arduo in cui la viticultura si basa più o meno su piccoli appezzamenti di terreno: le doline (conche di terra fertile comparse tra le rocce carsiche).
Grande avanguardista, ha avuto l’intuizione di estrarre le rocce dal terreno, spaccarle, spostarle, aggiungendo alcuni centimetri di terra rossa per dar modo alla vite di crescere e successivamente beneficiare di tutti quei componenti minerali di cui questo terreno è ricco.
È da allora un vero e proprio punto di riferimento per i viticoltori (pochi ma convinti) del Carso, riuscendo ad esprimere il vero concetto e l’autentica espressione di terroir. Fu il primo a macerare e far nascere gli orange wine, a togliere quasi del tutto la solforosa e ad usare le barrique per far evolvere i suoi vini.
Impossibile non parlare della sua splendida cantina, unica nel suo genere: è letteralmente scavata all’interno di una roccia e sviluppata su tre piani, ognuno dei quali con una propria peculiarità. Dalla temperatura costante attorno ai 12 gradi del primo piano, il quale è adibito allo stoccaggio delle bottiglie, agli altri due dove si arriva ad una profondità di 20 metri nei quali la temperatura e l’umidità variano.
Questi sono fattori indispensabili per quello che vuole Edi dalla sua cantina ovvero la semplicità.
Una grande porta di legno, esposta a nord-est e che fa entrare la Bora – vento molto forte tipico dell’alto e medio Adriatico che si viene a creare a causa delle grandi differenze di temperatura tra il Carso e il litorale – è un fattore chiave per la gestione della temperatura ma anche “dell’habitat” che si viene a formare.
Oggi la superfice vitata dell’azienda di Edi Kante si estende per circa 17 ettari. I vitigni coltivati, sono vari; si passa da quelli autoctoni come la storica Vitovska – un vitigno forte a bacca bianca che rispecchia appieno il territorio sottostante – alla Malvasia, il Terrano arrivando a quelli internazionali come Chardonnay, Sauvignon e il Pinot Nero.
La produzione si aggira attorno alle 65.000 bottiglie annue, dove tutte hanno l’unico scopo di rispecchiare il territorio e le peculiarità dell’azienda.
Freschezza, mineralità e acidità sono le caratteristiche uniche di questi vini, che sono stati consacrati simboli della zona del Carso.