Franciacorta, un nome, un simbolo, una storia in costante formazione ed evoluzione.
Franciacorta è la traduzione di bollicine, bollicine tutte italiane. Le bolle d’oro nazionali. Nate dal genio di due nomi divenuti altisonanti: Guido Berlucchi e Franco Ziliani. Probabilmente neppure due menti così lungimiranti potevano prevedere che le prime tremila bottiglie di Pinot di Franciacorta della vendemmia 1961 avrebbero cambiato per sempre la vocazione del territorio, scrivendo una nuova pagina della storia e della geografia del vino italiano. Tra i grandi territori spumantistici mondiali la Franciacorta rappresenta un vero e proprio caso enografico.
Ma la grandezza di un territorio non finisce solo intorno alla sua perla più luminosa, al suo cavallo di battaglia, alla sua punta di diamante. Se è un territorio divenuto grande per qualcosa, sarà sicuramente grande anche per molto altro.
Come in questo caso.
Non esistono solo le bollicine dorate e ‘mordaci’, ma anche la produzione di vini fermi di alta qualità, che siano essi rossi o bianchi. La presenza della vite in forma spontanea sin dalla preistoria, è la dimostrazione che trattasi di areale vocato alla viticoltura. Ne sono una prova i rinvenimenti di vinaccioli di epoca preistorica ed il materiale archeologico rinvenuto su tutta la zona oltre alle diverse testimonianze di autori classici.
Nei 19 comuni, facenti parte del logo dalla “F” merlata – riferimento alle antiche torri medievali – esistono infatti altre Denominazioni.
Curtefranca Bianco Doc:
Uve Chardonnay (minimo 50%), Pinot nero e Pinot Bianco fino ad un massimo del 50%; deve essere sottoposto ad affinamento in bottiglia per almeno 3 mesi.
Curtefranca Rosso Doc:
Carmenere e/o Cabernet franc per un minimo del 20%, Cabernet sauvignon e Merlot; deve essere sottoposto ad invecchiamento in legno per almeno 8 mesi, di cui almeno 6 di affinamento in bottiglia, pertanto il vino viene messo in commercio non prima di due anni dalla vendemmia.
Igt Sebino:
Straordinariamente varia e complessa è la gamma dei vini del Sebino, un territorio che consente e incoraggia, grazie all’eterogenea ricchezza geologica e morfologica, diverse interpretazioni enologiche. Da vini freschi e leggeri a vini strutturati di grande personalità, sfruttando numerose uve: Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Nero, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Carmenere, Nebbiolo e Barbera. I vini dell’Igt Sebino possono essere prodotti in quattro versioni (bianco, rosso, novello e passito) oltre che nelle tipologie recanti il nome dei vitigni. Ne risultano quindi quattro macro-tipologie di vini, ciascuna definita da precise caratteristiche organolettiche.
Cellatica Doc:
Si sovrappone solo parzialmente al territorio della Franciacorta Docg. Le pendenze talvolta addirittura impervie di alcuni colli rendono difficoltosa la viticoltura ma contribuiscono alla salvaguardia del territorio e all’armonia del paesaggio, fattore irrinunciabile per il territorio dell’area da essa interessata. Le prime testimonianze scritte relative al vino nella zona della Cellatica DOC risalgono alla fine del 1500, fino ad arrivare al 1968 nascita della Doc. L’antica fama del vino di Cellatica non è mai venuta meno, nonostante le storiche avversità che afflissero la viticoltura e nonostante lo spopolamento delle colline, favorito dalla vicinanza della città industriale. Le uve sono la Barbera, Marzemino, Schiava Gentile e Incrocio Terzi n°1 (incrocio tra Barbera e Cabernet Franc).
E qui stiamo parlando solo di quei vini con tanto di denominazione, che sappiamo bene come la veste non faccia il monaco. Infatti ecco sorgere aziende come l’azienda agricola Il Pendio di Michele Loda – è una piccola realtà artigiana che punta tutto sulla territorialità nel rispetto della natura – con le sue etichette La Beccaccia e Etichetta Rossa – entrambe con uve 100% Cabernet Franc. Oppure i suoi metodi classici come il Brusato e il Contestatore: entrambe bollicine più che d’oro ma senza denominazioni.
Oppure come l’azienda agricola Il Dosso di Luca Marchetti. Le sue bottiglie vanno dritte al cuore, e i vini, dalla spiccata personalità, rappresentano l’anima di Marchetti, personaggio fuori dagli schemi. Anche i nomi riflettono il suo spirito come Calvario (un taglio bordolese), Dodici Lune (merlot in purezza), Alternativo (Carmenere in purezza), L’Incompreso, e altri ancora.
Ma basta spostarsi qualche chilometro più in là, per vedere il fiorire di altre produzioni uniche della zona. Come Botticino Doc, Lugana Doc, Capriano del Colle Doc, Riviera del Garda Doc, Garda Classico Doc, Valtenesi Doc, San Martino della Battaglia Doc e tutte le varie Igt.
È come la storia di una mamma chioccia e i suoi piccoli. Mamma bollicina e i suoi piccoli bianco e rosso. Questi pargoli però non sono piccoli, sono prodotti di nicchia che hanno visto negli anni un’altalena di momenti alti e bassi. Secondo i dati forniti dall’Ufficio Tecnico del Consorzio di Tutela, la produzione rivendicata nel 2018 è sostanzialmente raddoppiata rispetto al 2017, passando da 16 a 30 ettari.
Anche grandi nomi come Ca del Bosco, Villa Franciacorta, Cavalleri, Ferghettina, Vezzoli, Barone Pizzini e molti altri, producono con particolare attenzione non solo il loro vino di punta – sua maestà la bollicina – ma anche questi splendidi prodotti di ‘nicchia’, scoprendo una produzione limitata che può rappresentare una interessante alternativa sul mercato e integrazioni produttive e commerciali anche per altre aziende. Perché rappresentano infatti l’emblema della tradizione, la valorizzazione dell’ambiente, la biodiversità e una interessante riscoperta delle potenzialità del territorio.