Nasce il 26 febbraio 1976 circondato inconsapevolmente da quello che sarebbe stato il suo futuro: la ristorazione. All’università sceglie la cucina e il 20 maggio 1998 dà vita al Pashà. Un ristorante con una carta ambiziosa e specchio della sua terra, guidato dallo Chef Maria Cicorella, mamma di Antonello e fonte inesauribile di energia e sapori. L’audacia che lo ha sempre contraddistinto lo porta ad un’evoluzione: nel marzo 2016 il Pashà si trasferisce nel Seminario Vescovile del Castello Normanno di Conversano lasciando così che la storia abbracci la passione e il coraggio di cui i piatti del suo ristorante sono sempre stati immagine.
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Antonello come stai? Come stai passando queste interminabili giornate?
Buongiorno caro Alessandro, bene, grazie e per fortuna! Anzi, ne approfitto per dedicare un pensiero a tutti coloro che stanno o sono stati meno bene, o hanno subito lutti a causa del virus. Devo dirti che non ci si annoia a casa con la famiglia, per me sicuramente uno dei risvolti positivi di questo momento è la condivisione di tanto tempo a casa. Non mi era mai accaduto! Mi sono convinto che anche questa è una forma di lusso: dal buongiorno e dalla colazione, alla preparazione del pranzo, allo svolgimento dei compiti, la visione di un film insieme e la buonanotte. Mi rendo conto che sono cose semplicissime ma che non avevo mai vissuto appieno, il che la dice lunga sulle rinunce e sullo spirito di sacrificio che la nostra passione ci fa accettare quasi per prassi.
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Voglio subito farti una domanda da 100 punti: chi è stato il tuo più grande maestro?
Non ho avuto veri e propri maestri perché il mio percorso non mi ha mai permesso di lavorare in posti diversi dal caffè di famiglia, li ci sono cresciuto per poi aprire il Pashá nel 1998. Come ho detto in altre occasioni, una persona che ho sempre stimato personalmente, professionalmente e che mi ha fatto innamorare del mio lavoro è Teodosio Buongiorno, patron del ristorante Già sotto l’Arco a Carovigno.
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La tua più grande passione da piccolo? Cosa volevi diventare? Tutti i bambini hanno un sogno.
Il calcio sicuramente la mia più grande passione, dai pulcini fino ai 22 anni quando giocavo a livello agonistico. Il sogno, da adolescente, quello di fare il calciatore; poi di fare la carriera notarile, fino ad essere travolto dalla passione del magnifico mondo dell’ospitalità, del vino e della ristorazione in genere: il cameriere!
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Hai più pregi o difetti?
Naturalmente difetti, ma non ti dico quali -:)
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Hai due figlie, come è Antonello padre?
Perdutamente Innamorato! Devo dire Matilda e Mia sono bravissime, mi arrabbio pochissimo e quelle poche volte non sono credibile perché basta pochissimo per farmi sciogliere come neve al sole. Mi danno una energia incredibile!
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Come costruisci la tua carta dei vini? Hai qualche segreto in particolare?
Vorrei averne di segreti Alessandro! Il vino è un mondo talmente meraviglioso che può diventare pericoloso. E per una gestione sana, corretta, sostenibile di un ristorante, lasciarsi andare, come spesso fatto, non va assolutamente bene. In questo momento, più che mai, le carte devono essere intelligenti, snelle e allo stesso tempo interessanti. Lo dico soprattutto per le nuove leve, questo è un segmento della ristorazione in cui la passione può giocare brutti scherzi, è assolutamente giusto che ci sia, ma è necessario dosarla e miscelarla con altri aspetti più razionali della nostra professione. Chi ama il vino è maledettamente curioso e ambizioso; vogliamo bere sempre meglio e far crescere qualitativamente la nostra cantina, abbiamo a disposizione il grande strumento che sono le distribuzioni ma siamo maledettamente affascinati dall’avere il rapporto diretto, personale con i produttori! Un grande casino insomma, un sacco di contraddizioni, non esistono regole precise. Da un lato la ricerca, i piccoli produttori, la voglia di sorprendere la clientela con etichette sconosciute, produzioni limitate, il concetto di artigianalità elevato al cubo; dall’altro lato i grandi blasoni, le certezze, le etichette che ci hanno emozionato con diverse annate, quelle con cui ci siamo formati. A cosa rinunci? E allora l’unica guida possibile per i piccoli ristoranti può essere solo una ed è la stessa che mi ispira da sempre nella gestione del Pashá: far stare i miei ospiti come vorrei stare io da cliente ad un’altra tavola, dare la possibilità di bere un vino che avrei bevuto io. Ed ecco che torna sempre il cuore!
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Quanto sono importanti le profondità di annata secondo te all’interno di una carta dei vini?
È innanzitutto un modo per capire e far capire a fondo il vino con le sue caratteristiche, micro e a volte macro-differenze che può esprimere uno stesso vino di diversa annata. Naturalmente anche qui, devi selezionare le etichette a cui dare profondità, impossibile farlo con tutte, i vini del territorio in cui ci troviamo devono avere la precedenza.
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La denominazione italiana che più regge il tempo secondo il tuo parere?
In termini assoluti per le mie esperienze Barolo e Brunello di Montalcino, ma cosa vogliamo dire di: Barbaresco, Ghemme, Gattinara, Taurasi, Aglianico del Vulture, sorprese importanti con Negroamaro, Nero di troia. Per quanto riguarda i bianchi Terlaner, Verdicchio, Pinot bianco, Trebbiano, Malvasia di Candia, Fiano, Greco.
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Cambio nuovamente argomento: lo scorso anno sei arrivato primo al sondaggio Personaggio dell’anno di Italia a Tavola nella categoria Sala e Hotel, una bella soddisfazione non credi?
Si Alessandro, una bellissima soddisfazione, ma con la consapevolezza che concorrevo con amici e colleghi molto più bravi di me, anzi molti di loro li ho sempre visti come modelli irraggiungibili, delle icone vere e proprie della sala italiana, e già il solo fatto di concorrere con loro è stata per me una grande emozione.
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Perché hai deciso di intraprendere questa carriera?
Da piccolo ho sempre odiato la mediocrità in genere, gran parte dell’infanzia e dell’adolescenza come dicevo prima l’ho trascorsa nel bar dei miei genitori. All’inizio era quasi una costrizione starci, perché i miei non potendosi permettere molto personale facevano orari e sacrifici massacranti. Io e mio fratello avevamo il banchetto per fare i compiti (2 casse vuote di birra al rovescio facevano da seduta e 2 casse di acqua al rovescio erano il tavolino) in un angolo del retrobanco; con il passare degli anni ero diventato supercritico anche nei confronti di mio padre per come servire al banco. Mi piaceva la cura dei dettagli, dalle tazzine, ai bicchieri, al modo di porgere un caffè o di preparare un aperitivo; gesti più lenti ma eseguiti con garbo e grazia insoliti per un normale bar in cui il modus operandi era la velocità per fare spazio ad altri clienti. Cominciai ad appassionarmi pian piano anche al food; a 18 anni feci il corso del primo livello da sommelier, mi feci conquistare da un’ idea che poi diventò una missione: ospitare e servire con amore e professionalità, fare con dignità e soddisfazione il cameriere.
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Italia o Francia?
Questa domanda è stronza -:)
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Tre vini italiani – annate comprese – in grado di sfidare le curve del tempo secondo il tuo palato
Mamma mia, durissima! Allora, al primo posto ricordo una emozione incredibile condivisa con il principe Francesco Spadafora – alle 3 della notte – un Terlaner di Terlano del 1969. Merita una gran menzione, sempre della stessa cantina il Sylvaner del 1983, vino incredibile. Un altro bianco dimenticato in cantina e che mi apprestai a degustare senza molte aspettative, ma risultò essere invece un vero fuoriclasse: Vernaccia di Contini 1986. Potenzialità immensa anche il Greco di Tufo 2015 di Sergio Di Prisco, e una scommessa tutta pugliese: Poggio al Bosco 2011 delle cantine Botromagno. Sorry, avevi detto solo tre. Di rossi te ne dico tre su tutti: Le Braci 2007, Massolino Vigna Rionda 2010, e il Chianti classico riserva 2003 di Badia a Coltibuono.
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Il ristorante che più ti ha colpito fino ad oggi come cliente
Per rispondere alla lettera alla tua domanda devo pensare proprio a tutti i dettagli dell’esperienza: Reale Casadonna di Cristiana e Niko Romito.
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Il più grande vino che hai bevuto fino ad oggi?
Monfortino 2002
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Una bollicina francese che invidi ai nostri “cugini” d’oltralpe e vorresti fosse figlia di un produttore italiano.
Krug Clos du Mesnil
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Tre nomi di tre colleghi che apprezzi particolarmente e perché.
Se ti dicessi Gianni Sinesi, mi daresti del ruffiano, ma penso davvero tutto il meglio possibile di Gianni. Oltre che per la competenza professionale, per l’amore, la dedizione e la grande umiltà con cui fa questo lavoro.
Mariella Organi: grandissima persona, perfetta padrona di casa, un concentrato di dolcezza, garbo, grazia ed eleganza.
Marco Civitelli: interprete di una sala fresca, moderna, dinamica, trasversale, contemporanea. Grandissimo professionista!
Beppe Palmieri: potrei dire tanto, ma in questo momento sta dimostrando di essere un grande più di quanto abbia dimostrato finora!
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Cos’è per te il successo personale nel mondo del vino?
Il successo in questo mondo è semplicemente potersi permettere il lusso di bere quello che più ti piace bere, dire liberamente quello che si pensa di un vino, avere la possibilità di raccontare le proprie esperienze e poter trasmettere questa splendida cultura, in poche parole quello che fai tu!
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Il futuro di Antonello Magistà?
Alessandro, mi piacerebbe tanto continuare e migliorare ancora quanto già fatto finora al Pashá, sperando ci siano le condizioni. E poi c’è un progetto con Sinesi per una umile baracca sul mare in cui servire grandi vini e grande materia prima in chiave informale. Chissà!