“Floriano Pellegrino, Chef Patron del ristorante Bros’. Nel 2016 vince il premio Top di Domani, Touring Club, Sorpresa dell’anno di Idendità Golose e Premio Vent’anni per San Pellegrino e Acqua Panna. Nel 2017 con il suo ristorante Bros’ ottiene il premio Performance dell’anno per le Guide dell’Espresso raggiungendo 3 cappelli. Il 22 Gennaio 2018 entra a far parte della lista di Forbes 30 Under 30 nella categoria Art. In novembre 2018 ottiene la prima stella Michelin”
– Ciao Floriano, come va? … che si dice a Scorrano in un periodaccio come questo?
A Scorrano va molto bene non si muove niente! Ma si sente una forte sensazione di comunità, ci aiutiamo a vicenda. Sono molto contento di essere tornato qui, per scelta.
– È un momento fulgido per una mente “malata” (malata tradotto=creativa) come la tua, perché solitamente chi accendere il cervello in momenti di difficoltà da sempre il meglio di sé e tu sei sempre acceso da quello che posso vedere. Cosa stai elaborando di nuovo?
Innanzitutto, grazie per la mente malata. Siamo consapevoli che questa crisi ci darà una grande possibilità di crescita come persone e poi come movimento vero e proprio. Stiamo continuando ininterrottamente a lavorare sui nostri progetti, in particolare il Rugby con il Bros Rugby Club e Metaland stanno occupando molte nostre energie, in più Bros’, Roots e il Bros’ nuovo sono sempre con timeline molto serrate. Sempre per rimanere in tema rugby, non ci fermiamo mai, al limite facciamo un passo al lato per scalare ed attaccare in maniera più dura.
– Spesso ripeti: “Non potrai mai nascondere chi sei nelle azioni che fai”. Infatti, fondi il Bros Rugby Club – appunto una squadra di rugby – con cui speri di far strada in Salento e non solo. Era una tua vecchia idea o sotto c’è dell’altro?
Ripeto sempre a me stesso e ai miei ragazzi quanto tutto quello che facciamo non è forzato ma è frutto della nostra forte identità. Il progetto del rugby l’avevamo, era sempre nella nostra testa ancora prima di aprire Bros’. Tutto quello che stiamo costruendo l’abbiamo sempre avuto in mente. È completamente veritiero, non copiamo nessuno. È la nostra indole. E come dice Martin, “mai tradire la propria indole”. È importante avere il sogno e la visione. Altrimenti si trasforma in un incubo.
– Io ho un idolo, Zlatan Ibrahimović e quando ti leggo o ti guardo vedo molto di lui anche nel tuo modo di comunicare, ti ci ritrovi?
Non sei il primo che me lo dice, anche se mi mancano più di 4 cm. Lo ammiro molto e mi piace da morire. Comunque, penso che anche lui sia Bros’ dentro. Come diceva Giulio Andreotti mentre parlava nella Camera del Senato e diceva ad un suo collaboratore: anche nell’opposizione gli ‘andreottiani’ si nascondono dappertutto. Con Bros’ è uguale.
– Abbiamo una passione in comune, l’audio-video, sono per te il futuro della comunicazione enogastronomica?
Certo! Già lo facciamo da tempo. Lanciamo da sempre i nostri menu con dei super video come fossero film! e siamo stati i primi al mondo. Mentre gli altri lanciavano i piatti noi lo facevamo con interi menu 4 volte l’anno!
– Andiamo al sodo: credo sia interessante il tuo percorso, provieni dalla scuola di Martìn Barasategui, cosa ti ha lasciato e quanto ti ha influenzato?
Martin mi ha dato molto, mi ha lasciato molto e continua a farlo. Ha sempre buoni consigli da dispensare. Ci è vicino e ci segue, pur io non essendo stato un suo chef. Ho scelto un percorso da solo, sono stato furbo fin da subito – scusami ma non ho filtri con tè – a non voler diventare un suo seguace; volevo essergli vicino, a volte molto vicino, ma anche molto lontano. Volevo conservare una mia identità.
– Può la tecnologia essere di supporto alle radici storiche e alle materie prime del luogo?
Certo. Sempre di più dobbiamo integrare le nuove possibilità del mondo. Bisogna interagire, non bisogna avere paura del nuovo, mai. Non bisogna avere paura di dialogare e aprirsi all’esterno. Il dialogo e il confronto sono fonte di ricchezza.
– Chi è secondo te il custode – oggi – delle chiavi della cucina del futuro?
Penso che debbano essere i grandi chef, quelli della generazione prima della mia a guidarci e ad inserirci nei prossimi 20 anni di cucina. Penso che abbiano una grande responsabilità di modernizzazione della cucina. Il futuro, a parte noi cuochi, sono i contadini per esempio mio zio Antonio; penso fortemente che sarà la chiave del mio successo dei prossimi anni. Non ho avuto il tempo di lavorare nell’orto quanto lui e sarà molto importante averlo vicino in questa fase.
– Tre aggettivi per descrivere la tua cucina.
Identitaria – essenziale – concettuale
– Una frase che ripeti spesso alla tua brigata, come li carichi emotivamente?
Avere ben chiaro il proprio obbiettivo. Siamo legati tutti da molteplici scopi, dobbiamo crescere prima come persone e poi come professionisti. Non bisogna procrastinare i problemi, ma vederli come opportunità di crescita. Siamo qui per diventare grandi e far diventare grande il territorio portando il Salento sul palcoscenico della gastronomia mondiale.
– Cos’è nella tua visione la sala in un concetto ristorativo come il tuo?
La sala non l’ho mai vista come qualcosa a sé stante. Infatti, come tu sai, i nostri cuochi escono in sala. Questo deriva da quanto ho sempre visto nell’agriturismo di famiglia, la divisione tra cucina e sala non c’è mai stata e lo stesso avviene anche da Roots. Noi abbiamo letteralmente portato il pensiero della mia famiglia in qualcosa di contemporaneo. Amo le commistioni e che tutti abbiano conoscenza di tutti i campi, Infatti per esempio, faccio fare un giorno di cucina a tutti i ragazzi di ogni reparto, compreso l’ufficio. Tutti siamo tutto. Polivalenti, senza alcuna divisione, esiste Bros’, un tutt’uno.
– Floriano, che vino bevi? Sei un appassionato?
Purtroppo, non bevo alcol. Nella mia dieta sono flexitariano. Mangio a casa quasi letteralmente vegano, invece quando sono fuori con amici e colleghi mangio anche carne, latticini e pesce. Lo stesso modus vale per il vino, no alcol nel quotidiano, ma mi piace molto mentre siamo da Bros’ provare gli abbinamenti soprattutto ad ogni cambio menu. Lo devo fare al 100 % come professionista e comunque mi ha sempre affascinato il mondo del food & wine, lo abbraccio tutto, voglio essere un imprenditore del food a 360 gradi.
– Quanto sei legato alle tue radici?
Moltissimo. Ho deciso con Isabella di vivere a Scorrano, una scelta voluta fin da subito e non una scelta di ritorno da più̀ adulti. Siamo legatissimi alla nostra vita. Abbiamo fatto sacrifici per rimanere qui nella natura tra le masserie, ci piace molto l’energia che c’è tutto intorno.
– Un piatto che ti ha sconvolto in gioventù e un piatto che ti ha sconvolto ultimamente.
In gioventù: la ricotta appena fatta servita calda con dentro il siero, una zuppa di ricotta. Ultimamente: lo spaghetto rancido, perché è un progetto a cui lavoravamo da tempo ed insieme al team di megaprogetto l’abbiamo messo a punto. Isabella come fedele braccio da sempre, ha saputo mettere a punto la ricetta con le grammature perfette, mi ha veramente stupito. Era un gusto che non sentivo da tanto tempo, mi ha shockato per delicatezza e profondità.
– Il piatto di cui sei più orgoglioso e il piatto che sogni per il futuro
Sono molto orgoglioso dell’uovo fucking cold, anche se attualmente centra poco con quello che è il nostro processo creativo attuale, ma è un piatto creato nel 2013 e ne sono molto orgoglioso. Anche isabella ne ha giocato un ruolo fondamentale. Uno del futuro: ‘aglio, colatura, vaniglia”, spaccherà i culi nei prossimi menu.
– La materia prima che più apprezzi?
Apprezzo tutte le verdure di stagione indistintamente. Quando ero a Londra piangevo perché non vedevo la microstagionalità. La natura ti mette lì le cose per aiutarti a vivere bene. È incredibile!
– Un piatto di un collega che avresti voluto fare tu
Lo spaghettone burro e lievito di Riccardo Camanini.
– Se Floriano non fosse finito dietro i fornelli, dove sarebbe ora?
Sarei finito a fare l’avvocato o il politico.
– Un cuoco del passato con cui, fossi stato dell’epoca, avresti lavorato?
Ferran Adrià
– Un tuo grande pregio e un tuo grande difetto.
Pregio: forza di volontà, ho più pregi che difetti. Difetto: impulsivo
– Il piatto preferito di Isabella.
insalata di cucummarazzi, mentre un dolce, il tiramisù
– Il ristorante che più̀ ti ha colpito fino ad oggi come cliente
Eleven Madison Park del nostro amico Daniel Humm
– Tre nomi di tre colleghi che apprezzi particolarmente e perché.
Ti faccio tre nomi italiani perché soprattutto in questo momento bisogna esser più patrioti che mai: Berton per il suo stile ed eleganza mi ha sempre colpito; Camanini, pur essendo più grande, si avvicina molto alla nostra idea di cucina e lo stimiamo come persona. Cannavacciuolo, perché quando lavoravo da Vinciguerra, il martedì andavo a lavorare da lui e mi faceva sentire a casa. Una volta mi fece dormire in una suite invece di andare a casa degli stagisti e me lo ricorderò per tutta la vita. Grande cuore.
– Meglio autodidatta o figlio di una scuola di formazione?
Meglio figlio di un’esperienza lavorativa importante.
– Ma sul serio ti sei fidanzato solo adesso dopo tutti questi anni insieme ad Isabella?
No, no. Non siamo molto attenti ai social nel privato in realtà. L’ho aggiornato solo ora perché stavo ‘cazzeggiando’ sul divano.
– Ah, ultima giuro: il tuo cantante o artista preferito ed un film che ti ha sconvolto
Il mio film preferito è il Padrino, capolavoro del cinema. Un film che mi ha sconvolto è stato Il Divo di Paolo Sorrentino. Ma diciamo che nella coppia la più forte è Isabella in quanto a cinema. Io per quanto riguarda i cantanti, sicuramente quelli attuali. Moderni, ascolto rapper americani, mi piace anche cambiare. Nello stesso momento mi piace anche ascoltare musica classica, come Vivaldi, Pavarotti.