Siamo in Umbria, esattamente a 18 chilometri dalla splendida e storica città di Orvieto arroccata su una rupe di tufo, e a poca distanza dal confine con la Toscana. È proprio qui che sorge il Castello della Sala, struttura di epoca medioevale incastonata tra il fiume Paglia e la vetta del Monte Nibbio. Si estende su un territorio di 500 ettari totali, di cui 170 ettari impiantati a vigna, con alcune varietà autoctone coltivate come il Grechetto e il Procanico, ma anche uve internazionali come Chardonnay, Pinot Bianco, Sauvignon Blanc, Sèmillon, Viognier. Inoltre, piccole quote di Riesling, Traminer ma anche un’uva a bacca nera come il Pinot nero, su un’altezza che varia dai 220 ai 470 metri sul livello del mare. Il terreno è prevalentemente argilloso e calcareo, ricco di conchiglie fossili, con un clima ideale alla coltivazione della vite, grazie anche alla ottima escursione termica.
La storia del Castello della Sala affonda le sue radici attorno al 1350 quando venne costruito per opera di Angelo Monaldeschi della Vipera, la cui famiglia venne in Italia a seguito di Carlo Magno nel IX secolo. Dopo molti anni di scontri per il dominio su Orvieto da parte della stessa famiglia, riescono a trovare il controllo, nel 1437 con Gentile Monaldeschi della Vipera, nipote di Angelo. Alla sua morte, nel 1466, la proprietà passa in mano al figlio Piero Antonio della Vipera, che sposa sua cugina Giovanna della Cervara, coppia molto stimata dagli orvietani. Alla morte del marito, nel 1516, Giovanna esaudisce il desiderio del coniuge donando il maniero al Duomo di Orvieto, che resterà di sua proprietà per molti anni fino al 1860, quando verrà espropriato dal nascente Stato italiano ed inseguito affidato a diversi proprietari privati.
Nel 1940 diventa di proprietà della famiglia Antinori, per mano del Marchese Nicolò Antinori, padre di Piero, avente la consapevolezza che la zona umbra, ma in particolar modo quella orvietana, fosse estremamente vocata per i vini bianchi. La fonte di ispirazione fu un viaggio in Francia di Piero Antinori e Renzo Cotarella, enologo della famiglia Antinori, i quali appresero che i vini bianchi non solo potevano invecchiare, ma avrebbero dovuto farlo per esprimere a pieno il proprio potenziale. Tornati, iniziarono a sperimentare metodi e innovazioni per produrre un grande vino bianco che potesse durare e prendere carattere col passare del tempo. Cosi, nel 1982, fu fatta la prima vinificazione che deluse sia Cotarella che Antinori. Con il passare degli anni vennero fatte prove e utilizzate differenti pratiche enologiche, sino ad arrivare alla vendemmia del 1986 quando, in questa annata fortunosa ed eccellente, si decise di puntare, oltre che sullo Chardonnay, anche su un vitigno autoctono che avrebbe dato una propria identità al vino, creando un equilibrio tra morbidezza e mineralità: il Grechetto. La vendemmia fu fatta all’alba, favorendo la macerazione a freddo anche per mantenere invariate le peculiarità delle uve. Furono di conseguenza utilizzate barriques nuove e venne controllata la fermentazione, creando un connubio perfetto per questo vino. Come raccontavamo, l’annata 1986 fu decisamente fortunata, poiché lo Chardonnay effettuò la fermentazione malolattica in legno fortuitamente, circostanza che divenne determinante per lo sviluppo e l’evoluzione di questo vino.
È così, con amore per il proprio mestiere e devozione per la terra in cui si lavora, che è nato il Cervaro della Sala, uno dei vini bianchi icona della nostra enologia italiana e fiore all’occhiello dell’azienda Marchesi Antinori.
Nell’arco della sua storia ormai pluritrentennale, ha ottenuto moltissimi riconoscimenti dalla critica enologica italiana e mondiale, ed è stato punto di riferimento per molte aziende che hanno iniziato ad investire più concretamente sull’evoluzione dei vini bianchi nel tempo. Tutto questo fa del Cervaro della Sala un vino autentico, il più ricercato vino bianco italiano nel mondo e l’etichetta che non può mancare nelle cantine di collezionisti e appassionati di vino.