Finalmente l’amore è sbocciato. La liaison tra il consumatore scandinavo ed il vino italiano c’è.
Il consumo di birra è tutt’ora concorrenziale a quello dell’acqua ed il boom delle birre artigianali ha ulteriormente acuito la tendenza ad eleggere la birra come bevanda preferita.
Gli studi di settore ci confermano però che il vino italiano è ufficialmente connesso al popolo scandinavo come strumento edonistico.
Nonostante la penisola in oggetto sia ancora lontana anni luce ad approdare nel mercato, i primi tentativi domestici di approccio alla viticoltura si incrementano docilmente.
Per ora, si organizzano principalmente itinerari per bere acqua eccezionalmente pura, per visitare birrifici o per assaggiare latte appena munto.
Chi è abituato a frequentare il business turismo/ristorazione di lusso avrà sicuramente notato che nell’ultimo decennio, il cliente scandinavo è sempre più ferrato, competente ed esigente in materia vino ed è mediamente dotato di grande voglia di apprendere e condividere. Tutto ciò si aggiunge ad una buona propensione al viaggio gourmet.
Volendo fare un’accademica “swot analysis”, questo rappresenta una vera e propria “opportunity” per il settore perché la Norvegia è il secondo paese in Europa per livelli di welfare e reddito pro capite.
Il “threat”, se così possiamo definirlo, è altresì rappresentato dalle elevate aspettative di una clientela che necessita inderogabilmente intermediari all’altezza della situazione.
Infatti, nonostante i clienti americani siano inossidabili sostenitori del vino italiano, il cliente norvegese, uscito da un letargo millenario, riesce comunque a districarsi meglio tra le regioni italiane e le grandi aree di produzione. I suoi occhi brillano letteralmente mentre sente parlare di Gran selezione o Menzioni Geografiche Aggiuntive. Per interpretare meglio la psicologia del cliente scandinavo, è considerevolmente importante tenere a mente il suo background culturale.
Quando ci si rapporta con gli appassionati di vino provenienti da queste terre, non si può non rimanere di stucco nel conoscere i vincoli a cui devono sottoporsi per reperire i vini del cuore. L’audace norvegese amante del vino deve spesso compiere una vera impresa da vichingo e fare i conti con la burocrazia.
La curiosità di approfondire la materia è nata piuttosto spontaneamente: i professionisti di settore devono essere necessariamente al corrente dei retroscena culturali per fornire un’esperienza sovrapponibile ai desideri dell’utente.
In Norvegia esiste un sistema che veicola il commercio del vino in una rete principale: il Vinmonopolet.
Il complesso è gestito dallo Stato e quindi è profondamente regolato, un vero “cul de sac” per chi ha dei gusti ben delineati.
Sul territorio norvegese sono presenti numerosi outlets dove gli avventori possono approvvigionarsi.
Questa formula è veramente insolita agli occhi di un italiano, abituato a procacciarsi con disinvoltura le etichette più care. Tuttavia, può rappresentare uno spunto per fare delle riflessioni.
Dal punto di vista dell’operatore italiano, vignaiolo o commerciale, qual è il compromesso per riscuotere successo all’interno di un mercato regolato da un Monopolio?
Il mercato norvegese, sebbene regolato in modo serrato e rigoroso, risulta penetrabile tramite la fidelizzazione degli importatori che a loro volta rivendono ai Monopoli.
In effetti, il momento sarebbe propizio perché il prezzo dei vini francesi gioca a favore della concorrente Italia. Inoltre, gli intermediari dei Vinmonopolet riferiscono che l’implementazione di direttive green come procedure biologiche e biodinamiche in vigna, grande realtà in Italia, è un potente canalizzatore di vendite verso un pubblico acerrimo sostenitore di pratiche ecologiche.
Il presupposto necessario è che le informazioni in etichetta siano eloquenti, qualora i prodotti provengano da agricoltura biologica o siano prodotti con un certo stile, sono graditissimi certificazioni ed informazioni aggiuntive.
Per subentrare nel sistema è richiesto un grosso investimento ed il superamento di molti paletti amministrativi. Infatti, per aggiudicarsi la fiducia dei Monopolet è attivo un regime di aste e piccoli appalti (tender), sempre che il gioco valga la candela.
Le macro-vendite al pubblico sono tutte gestite dai Monopolet, solo una piccola percentuale delle vendite di vino avviene tramite i canali al dettaglio.
La comunicazione è anch’essa gestita dai monopoli. Quello che ne deriva è una carenza di dinamismo e relazione emozionale tra produttore e consumatore finale. Il canale internet aiuta molto in merito ma il messaggio finale è inevitabilmente più asettico.
Pertanto, per trasportare gli acquirenti nel sole della Sicilia, sull’affascinante e misterioso Carso o nelle verdi colline dell’Umbria c’è un filtro verosimilmente spesso. L’atmosfera ricorda molto più un supermercato che un’enoteca di fiducia.
Perché sono stati creati i monopolet?
Il monopolio di stato è uno strumento efficiente a livello commerciale e legislativo, ma soprattutto è un organismo di tutela nei confronti dei consumatori scandinavi (essendoci sistemi analoghi in tutta la Scandinavia).
Visitando il sito ufficiale del monopolio di stato, ci si accorge di quanto sia incoraggiato l’utilizzo moderato di alcolici. Il sito pullula di consigli sul consumo responsabile e sono presenti anche i numeri verdi per le richieste d’aiuto.
Il fine ultimo del sistema monopolet è spingere l’utente alla verecondia e alla consapevolezza. La strategia mira anche ad esaltare l’entusiasmo verso la meravigliosa convivialità del mondo del vino.
Infatti, è possibile anche acquistare delle gift card per regalare esperienze e prodotti. In aggiunta, c’è una gradevole calendarizzazione di eventi e seminari per valorizzare il settore education ed incrementare le conoscenze enoiche degli interessati.
Gli orari degli outlet sono stabiliti niente meno che dallo “storting” (organismo governativo e suprema corte). Sono severamente vietati i meccanismi di supporto all’upselling come 3*2 et al.
L’orario di apertura è studiato per essere parallelo all’orario di ufficio. Questo concetto è formulato per scoraggiare l’acquisto d’impeto, non pianificato, in particolare quello notturno.
Fuori dall’orario è comunque possibile acquistare nei vari outlet on trade, bar, pubs, ecc … ma a prezzi poco friendly.
Tutti i calcoli sulla determinazione dei prezzi in vigore nei monopoli sono presenti sul sito ed illustrati in modo molto esaustivo.
Qual è il prodotto italiano di spicco?
I numeri parlano, la Norvegia cresce molto nel panorama export italiano.
Al primo posto si collocano le bollicine Venete, l’imperturbabile Prosecco è immediatamente seguito dai rossi piemontesi che hanno registrato un recente balzo del 64% di volume e 84% fatturato (numeri ansa).
L’interesse è alto anche nei confronti di altre bolle metodo classico, in particolare Franciacorta.
Da qui, l’idea di alcuni consorzi di fare le cose per bene e cominciare ad inondare la regione norvegese con eventi dedicati.
Cosa si compra all’interno dei Vinmonopolet?
C’è quasi sempre una sezione alta gamma con accesso guidato e le targhette dei vini sugli scaffali sono meticolose come atti giuridici.
C’è una enorme selezione di birra e purtroppo non si può evitare di scorgere l’avvilente presenza di vino in brik. Nonostante ciò, il vino italiano è ben rappresentato, l’offerta è piuttosto congrua ed eterogenea.
Tutto sommato, sembrerebbe che questo tipo di istituzione offra un buon standard di risorse per creare un legame proficuo con il pianeta vino.
Ad ogni modo, conoscere quello che succede dietro le quinte, a casa di una clientela così ambiziosa, ci permette di rapportarci in modo più stimolante con la stessa.
L’apprendimento di determinate informazioni può essere uno strumento di engage provvidenziale sul campo. Contemporaneamente, ci consente di fare scelte ponderate in questo splendido settore sia in materia di assistenza e servizio che in ambito filiera e marketing esperienziale.
Informarsi per adeguarsi alla moderna gestione di una clientela di qualità è d’obbligo.