342,90 ettari, di cui 342,50 a Chardonnay e 0,40 a Meunier. 493 i proprietari.
In questo piccolo villaggio incastonato nel cuore storico della Côte de Blancs di nome Cramant, è difficile occuparsi di qualcosa che non sia lo Chardonnay. È proprio il terreno che lo richiede, è la luce che, qui, in alcune giornate diviene abbacinante. Il paesaggio è di una bellezza unica e ci se ne accorge scendendo da Chouilly verso Sud-Est, dove si può ammirare, arroccato sulla verde collina di Butte de Saran, il maestoso Château de Saran di Möet & Chandon.
Butte de Saran protegge Cramant dai venti e dalle temperature troppo rigide, questo fa sì che si crei un microclima unico ed equilibrato, immune da intemperie e capace di donare ai vini equilibrio, misurata nervosità, insieme a florealità e un affascinante tratto esotico. Abbraccia il sud di Chouilly, formando un grande anfiteatro con i vigneti prevalentemente affacciati a sud/sud-est ed è composto da una serie di piccoli coteaux mediamente ripidi, con una pendenza che varia dal 40% all’8%, dove le esposizioni diverse si combinano in maniera sempre differente, permettendo di avere vini con innumerevoli sfumature. Le vigne sono illuminate dal sole per la maggior parte della giornata ed è proprio qui, dove il gesso affiora, che lo Chardonnay trova le condizioni ideali per dare il meglio di sé. Di Pinot Noir qui non c’è proprio traccia, troviamo invece una piccolissima percentuale di Meunier.
A livello puramente geologico, tutti i vigneti della Côte des Blancs si adagiano su gesso Campaniano risalente al Cretaceo, da qui il nome craie (circa 80 milioni di anni a.C.) creatosi con la sedimentazione di piccolissimi fossili marini e alghe calcaree e che, nel tempo, hanno formato un enorme strato che in alcune zone arriva ad essere profondo fino a 300 metri. In altre zone, questa craie affiora, grazie a un enorme terremoto che, 10 milioni di anni fa, ha spinto la parte est contro la ovest creando quei coteaux tanto preziosi per la coltivazione della vite e portando in superfice questa pietra calcareo-gessosa. Ed è proprio questa craie che regala quella componente acida e minerale, unica e inimitabile, agli champagne.
Una craie che possiede, quando piove, la capacità di assorbire acqua per capillarità (fino a 400 litri per metro cubo) rilasciandola quando lo Chardonnay, che necessita di regime idrico regolare, si trova in moderato stress idrico. Una riserva naturale in grado di evitare che, questo vitigno generoso e solare, ma delicato, abbia “i piedi nell’acqua”, come amano dire gli champenois.
Insieme ad Avize, Cramant fu tra i primi ad essere classificato Grand Cru. Le vigne qui erano presenti già dal XI secolo, anche se è solo nel 1860 che si distingue definitivamente lo Chardonnay dal Pinot Blanc. Verso la fine del XIV secolo, la fama di Cramant esplose e sono del 1822 le parole dello scrittore inglese Henry Vizetelly: “Cramant, nonostante la sua encomiabile ricchezza aromatica e versatilità, spicca per leggerezza e delicatezza, diventando essenziale per ogni cuvée di Champagne che si rispetti”.
Cramant è ricchezza? È eleganza? È gesso?
Per capire l’essenza e la grandezza di Cramant, bisognerebbe assaggiare la Cuvée de Prestige di uno degli uomini, a mio avviso, più talentuosi di questo territorio, Jacques Diebolt. La Diebolt-Vallois è una piccola maison a conduzione famigliare fondata nel 1978 da Jacques e sua moglie, Nadia Vallois. Jacques è uno di quei uomini che ti entrano nel cuore, una persona autentica e vera, una visita da lui è un viaggio nella storia. Racconta della Guerra in Algeria, di come questa lo abbia segnato e della Seconda Guerra Mondiale, con gli occhi un uomo che ha visto la sua terra soffrire profondamente. Oggi Jacques è ancora presente in cantina dove, orgoglioso, sorveglia il lavoro dei figli Arnaud e Isabelle. Una famiglia unita e umile che riesce a creare uno degli champagne più luminosi e prodigiosi di tutta la Côte de Blancs, il Fleur de Passion. Creato nel 1953 dal nonno di Jacques, è la sublimazione del terroir di Cramant e di questo ne possiede tutte le più svariate sfaccettature. In questo caso specifico un assemblaggio (perché lo champagne “è” assemblaggio) non di diversi Crus bensì di 8 diverse parcelle di Cramant, tra qui una vigna di quasi settant’anni del lieux-dit “Les Buzon”.
I vini di Cramant possiedono una straordinaria solarità, sono ricamati di finezza e luce, possono vantare un’importante componente fruttata e una spiccata mineralità crayeuse. Grazie al sole e al clima si caratterizzano, infine, per la gradevolissima cremosità, componente non riscontrabile, almeno nei primi anni dalla messa in commercio, in tutti i villaggi della Côte de Blancs. Ed è proprio questa cremosità che ha dato il nome al noto Crémant di Cramant di Mumm. Prodotto da vigneti di Cramant acquistati nel 1882, ha cambiato man mano il suo nome, diventando definitivamente, nel 2011, il “Blanc de Blancs di Mumm” “uno champagne eccezionalmente preciso e incredibilmente fine, nel quale nulla è lasciato al caso”, asserisce orgoglioso lo chef de cave che lo ha creato, Didier Mariotti, oggi alla Veuve Clicquot Ponsardin.
Cramant è sole, Cramant è luce, Cramant è energia. Un Grand Cru che affonda le sue radici nella storia, prodigioso in purezza e capace di accendere le migliori cuvée.
Da non perdere di Cramant:
Jacques Selosse Cramant Chemin des Châlons, Larmandier- Bernier Vielle Vigne du Levant, Lilbert Cramant Blanc de Blancs, Bonnaire Blanc de Blancs, Lancelot-Pienne Cuvée Maire Lancelot, Guiborat Prisme.