Giovanni Sinesi è nato a Barletta il 20 luglio 1984.
Cresce tra i tavoli del ristorante dei genitori, respirando l’aria della sala già da ragazzino ma senza ancora coltivare il sogno della ristorazione. È appassionato di calcio e soprattutto di musica: studia pianoforte dall’età di undici anni e ama la musica classica, in particolare Chopin, Beethoven, Mozart e Albinoni.
È ancora molto giovane quando si trova a scegliere il suo futuro: frequentare il conservatorio e seguire la sua passione per la musica, oppure iscriversi all’istituto alberghiero? Sceglie la strada della ristorazione, e opta per l’istituto professionale alberghiero di Roccaraso (AQ). Studia per i primi tre anni cucina, sala, ricevimento, specializzandosi poi sulla sala. Frequenta le lezioni a scuola con il sogno di lavorare nel ristorante dei genitori.
A sedici anni l’incontro che gli cambierà la vita: nel ristorante dove lavorava nei fine settimana conosce un maître di origini napoletane, Adamo Proto, che lo invita a Riccione a lavorare al suo fianco nella brigata di sala di un hotel della riviera romagnola e riconosce subito il suo talento per la sommellerie. Il primo anno è commis di sala, il secondo anno è già chef de rang.
Conseguito il diploma cerca subito un’occupazione, e si imbatte nel ristorante Reale di Rivisondoli: era il 2004, Niko e Cristiana avevano rilevato la trattoria del padre da quattro anni e il Reale iniziava a sviluppare l’identità gastronomica che lo avrebbe portato in due anni a guadagnare la prima stella Michelin.
Lavora e studia, formandosi alla professione di sommelier con l’esperienza diretta all’interno del ristorante, frequenta i famosi corsi A.I.S. dove si diploma nel 2008 e diventa nello stesso anno “Miglior Sommelier Abruzzo e Molise” dopo aver vinto il concorso regionale. Ma è nel 2006, dopo uno stage al ristorante “Da Caino” e l’incontro con Maurizio Menichetti, che si consacra definitivamente al vino e decide che la sommellerie sarà la sua strada.
I giorni di riposo dal ristorante sono occasioni di viaggio e scoperta: gira l’Italia per conoscere vini e produttori, costruendosi il bagaglio culturale che lo accompagnerà lungo la sua carriera.
Negli anni acquisisce sempre maggiori competenze: la possibilità di sperimentare sul campo in un ristorante come il Reale e, al contempo, il rapporto di fiducia e la libertà di scelta che Niko e Cristiana gli concedono, fanno sì che Gianni sviluppi un suo progetto di cantina e di carta dei vini ben delineato, spaziando tra produttori grandi e piccoli alla ricerca di vini eleganti e di grande bevibilità.
Il suo approccio alla sommellerie mira prima di tutto ad accompagnare e valorizzare la cucina del Reale: “L’affinità tra cantina e cucina è uno degli abbinamenti più importanti della ristorazione, e dà sostanza agli investimenti necessari a creare una carta dei vini di livello”. Seleziona i vini guardando anche alla filosofia di produzione: continua i suoi viaggi e incontra personalmente i produttori per lui più interessanti in Italia e all’estero.
È Head sommelier del Reale lungo tutto il percorso di crescita del ristorante, dalla prima stella alle seguenti; segue la crescita internazionale di Romito e partecipa attivamente alla costituzione della brigata di sala.
Nel 2016 riceve il premio “Sommelier dell’Anno” da Zonin 1821 all’interno della sezione Giovani Stelle della Guida Identità Golose.
Nel 2018 arriva il premio come “Miglior sommelier dell’anno” assegnato da Food & Travel Italia, e nello stesso anno la prestigiosa giuria di esperti del TWS_BIWA – Best Italian Wine Awards lo consacra “Miglior sommelier 2018”.
Nel 2019 il ristorante riceve il premio “Leccio d’Oro” per la migliore selezione di vini di Montalcino dal Consorzio del Vino Brunello di Montalcino e, ancora,
nel 2020 è “Best Sommelier under 35” alla prima edizione dei Food&Wine Awards Italia.
Nel 2020 lancia il suo primo progetto da professionista: “Impressioni di Gianni Sinesi”, una selezione di vini con un forte legame e identità territoriale di cui Gianni cura il processo di produzione in collaborazione con selezionati wine maker: dalla selezione delle uve alla produzione, fino all’imbottigliamento. I vini selezionati e prodotti rispettano cardini qualitativi come riconoscibilità e tipicità del vitigno e del territorio, eleganza e piacevolezza.
Con un occhio alla capacità di invecchiamento, perché “resta una delle caratteristiche più affascinanti di un vino”.
Ciao Gianni e buongiorno, Vincenzo Donatiello nella mia ultima intervista ha pubblicamente reso noto quanto apprezzi il tuo mestiere, contento?
Ovviamente mi fa molto piacere, soprattutto detto da un collega che stimo molto.
Partiamo; perché sei al Ristorante Reale di Niko Romito? Raccontaci come ci sei approdato.
La mia storia è legata al percorso che ho fatto lasciando Barletta per frequentare l’Istituto Alberghiero di Roccaraso, una serie di coincidenze fortunate mi hanno fatto approdare al ristorante Reale di Cristiana e Niko Romito. Dopo il diploma cercavo lavoro a Roccaraso e mi rivolsi all’Hotel Sporting, non sapendo che fosse dello zio di Niko e così quasi per caso sono entrato nella famiglia del Reale”.
Oltre ad essere un apprezzato sommelier sei anche un grande uomo di sala, dove è la differenza – se esiste – tra i due ruoli?
Sicuramente ci sono grandi sommelier che hanno fatto altri percorsi, non necessariamente in sala, penso soprattutto ai molti Master of Wine che si dedicano a tutt’altro tipo di lavoro presso i wine merchant e le distribuzioni. Per questo ritengo che ci sia una differenza tra un grande sommelier e un grande uomo di sala, ne è prova il fatto che anche nella storia della ristorazione italiana ci sono uomini di sala che sono diventati sommelier “sul campo”. Essere sommelier in una sala richiede non solo conoscenza del vino e capacità di degustazione acquisite esercitandosi, ma anche doti di empatia, discrezione e un certo intuito per entrare in contatto con gli ospiti. Inoltre, serve una grande attenzione su ciò che accade intorno ad ogni cliente; fondamentale è l’umiltà nel continuare ad imparare, rispetto per lo chef, i colleghi e ovviamente gli ospiti.
Sei diventato anche produttore di vino, ci racconti il progetto e la tua idea?
Ho sempre pensato che crescere significhi mettersi alla prova e fare nuove esperienze. Il mio sogno è sempre stato quello di “mettere le mani in pasta”, realizzare il mio vino mettendo a frutto l’esperienza acquisita con la degustazione in una forma diversa, partendo dal legame con il territorio e interpretandolo secondo una mia visione. Per più di un anno mi sono confrontato con alcuni produttori che stimo e con cui ho un rapporto di amicizia. Così, parlando del mio progetto con Leonardo Pizzolo di Valle Reale, ho capito che esisteva una strada per questo mio sogno ed era quella di produrre un rosso nel “mio” Abruzzo, una terra che mi ha accolto e con cui ho un legame speciale. Il mio progetto si chiama “Impressioni di Gianni Sinesi” perché nasce con l’idea di firmare vini che rispecchiano il mio ideale di pulizia, eleganza e piacevolezza rispettando la riconoscibilità del vitigno e del territorio. Successivamente sono entrato in contatto con Giulio e Lucia Barzanò dell’azienda Mosnel in Franciacorta e con loro si è concretizzata l’idea di selezionare la liqueur per la sboccatura di alcune bottiglie di Riserva 2007 conservate ancora in cantina, in pratica ho griffato un dégorgement tardivo.
Le regole by Gianni Sinesi per creare una carta dei vini?
La giusta carta dei vini è prima di tutto pensata su misura per il tipo di ristorante. Secondo la mia visione deve permettere ad un ospite di scegliere la bottiglia che già conosce senza svenarsi e di scoprirne invece altre. L’ideale è trovare opzioni di diverse annate. Il sommelier deve fare ricerca ma non può trascurare i classici e le etichette blasonate.
In Italia secondo te siamo troppo esterofili? Le nostre carte sono troppo condite da vini dei colleghi d’oltralpe secondo te?
Non è giusto generalizzare perché, come dicevo, la carta dei vini deve essere adatta al locale e avere comunque una certa personalità e alcuni hanno un pubblico che richiede una grande presenza di etichette internazionali, penso soprattutto alla ristorazione dei grandi alberghi. Personalmente ritengo che la componente territoriale in un ristorante debba essere presa in considerazione, perché spesso si lega allo stile dello chef. La mia carta deve avere molto Abruzzo, mi piace che parli dell’identità del luogo e della nostra cucina e amo il fatto di avere anche piccole realtà della nostra ricca produzione italiana”.
Bollicine, vini bianchi o rossi?
Sicuramente posso dire di avere un debole per il Sangiovese, comunque penso che ogni momento abbia il suo vino.
Se Gianni Sinesi non fosse uno stimato professionista del vino, cosa avrebbe fatto nella vita?
Avendo frequentato una scuola di musica – pianoforte – probabilmente avrei continuato per quella strada. Mi sarebbe piaciuto frequentare il Conservatorio, ancora oggi penso che la mia vita senza musica non sarebbe la stessa.
Un tuo grande pregio e un tuo grande difetto.
Difficile, dovendo scegliere direi che un mio pregio potrebbe essere l’ambizione che può allo stesso tempo essere considerato un difetto nella misura in cui difficilmente mi accontento e desidero sempre migliorarmi.
Passiamo alle domande che faccio praticamente a tutti: partiamo: il più grande vino che hai bevuto fino ad oggi?
Ricordo un grande Bonnes Mares del 1971 di Madame Leroy… indimenticabile!
Tre vini italiani – annate comprese – in grado di sfidare le curve del tempo secondo il tuo palato
Valentini Cerasuolo d’Abruzzo 1978, Giuseppe Rinaldi Barolo Brunate 1990, Montevertine Il Sodaccio 1988
Il ristorante che più ti ha colpito fino ad oggi come cliente
Preferisco ricordare un ristorante cui si lega un ricordo affettivo ed è “Da Caino”, del mio primo maestro di vino e di vita, Maurizio Menichetti
Tre nomi di tre colleghi che apprezzi particolarmente e perché.
Scelgo due colleghi italiani e uno straniero. Lo straniero è Aldo Sohm, alla guida della cantina del ristorante Le Bernardin di New York, produttore in Austria insieme a Kracher e patron del suo “Aldo Sohm Wine Bar. In Italia Antonello Magistà del Ristorante Pashà di Conversano, dietro il suo essere “Pashà” c’è una persona meravigliosa, elegante e sempre sorridente. Mi è sempre piaciuto il suo modo di fare e accogliere; reputo Antonello, oltre che un grande amico, un grandissimo esempio da seguire. Marco Amato del Ristorante Imago Hotel Hassler di Roma, il suo cognome dice tutto, Marco è una persona speciale, riesce a trasmettere la sua grande professionalità con semplicità, in maniera diretta e genuina. È un uomo di cuore e riesce sempre a travolgerti con la sua positività, perché Marco sa come farti star bene.
Un messaggio al mondo del vino
Il mondo del vino è unico e meraviglioso. Richiede tempo, dedizione e sacrificio personale. La vita di un sommelier infatti non è solo composta da degustazioni, ma anche e soprattutto da metodo, studio, organizzazione, con la consapevolezza di non potersi mai fermare e convinti di essere arrivati. Il mio messaggio è quello di continuare ad essere curiosi, nella speranza che questo permetta a me e tanti appassionati neofiti, di emozionarsi ogni giorno davanti ad un calice che ci racconta la storia degli uomini e della terra.
“A volte il vino è la manifestazione liquida del silenzio” (Luis Sepulveda)
credits ph: Francesco Fioramonti