Il Tignanello è un’etichetta considerata fulcro dell’enologia italiana, concepita da una delle più grandi e storiche aziende del panorama vitivinicolo italiano e mondiale: i Marchesi di Antinori.
Vantano ben 26 generazioni nel campo della viticoltura, dedicandocisi da più di seicento anni da quando, nel 1385, Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri. Nell’arco della sua lunga storia, attraverso tutte le generazioni, la famiglia ha sempre gestito direttamente questa attività con scelte innovative e talvolta coraggiose, ma sempre mantenendo inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio di produzione.
Adesso veniamo a noi. La storia del Tignanello risale al 1970 quando da un unico vigneto situato a San Casciano Val di Pesa – all’interno della denominazione Chianti Classico D.o.c.g. – da un’idea di Piero Antinori, che sognava per questo vino un’impronta differente rispetto a qualsiasi altro Chianti, fece di esso il primo Sangiovese ad essere affinato in barrique.
Dal 1975 fu il primo vino rosso ad essere assemblato con l’aggiunta di uve non tradizionali all’80% di Sangiovese, quali Cabernet Sauvignon 15% e Cabernet Franc 5%, ed aver impiegato nuove tecniche vitivinicole che allora erano solamente in fase di sperimentazione.
Le innovazioni riguardavano anche la densità d’impianto, le pratiche di potatura e la selezione del Sangiovese, inseguendo sempre l’obiettivo di ottenere uve con una maggior concentrazione e caratterizzate da tannini morbidi. Quindi, di conseguenza, è la prima etichetta della zona del Chianti a non usare uve a bacca bianca come stabilito dal disciplinare storico del Gallo Nero ideato da Bettino Ricasoli.
Uscendo appunto dai soliti schemi utilizzati per la vinificazione del Chianti Classico DOCG, Tignanello perse la Doc e venne classificato come “vino da tavola” fino al 1994, quando poté fregiarsi della IGT.
Prende il nome dall’omonimo vigneto Tignanello, storica proprietà della famiglia Antinori, che si estende per 57 ettari. La conformazione geologica è composta da un suolo di origine Pliocenica con scheletro ricco di alberese e galestro, ad un’altezza media di 350-400 m s.l.m. con esposizione a sud-ovest.
Il pregio di questa zona, oltre al terroir, è la spiccata escursione termica tra il giorno e la notte, che dona alle uve caratteristiche uniche. Uno dei protagonisti assoluti di Tignanello è senz’altro Giacomo Tachis l’enologo più influente e rivoluzionario dell’epoca, padre fondatore dei così detti SuperTuscans, quali Sassicaia e Solaia ed altri grandi vini come il San Leonardo ed il Turriga.
Già enologo dal 1961 della famiglia Antinori, Tachis riuscì a mettere in atto le idee e il sogno che aveva Piero Antinori per quel vino. Questo nuovo modo di pensare e di vinificare, vide la collaborazione ed i consigli del grande produttore americano Robert Mondavi e di Émile Peynaud, noto enologo e ricercatore francese a cui è stato riconosciuto il merito di aver rivoluzionato la vinificazione nella metà del 20° secolo, considerato da Tachis un maestro.
Una colonna portante di questo vino fu anche Luigi Veronelli, che incoraggiò le operazioni non semplici all’epoca, e consigliò di mettere il nome del Podere Tignanello alla porzione della Tenuta di Santa Cristina da dove appunto, provenivano le uve. Veronelli prese anche molte altre decisioni fondamentali, come la riformazione del vigneto, facendo porre sotto ai filari pietre bianche di alberese frantumate per far riflettere il calore del sole e avere una miglior maturazione delle uve. Ebbe anche il merito di far utilizzare uvaggi differenti rispetto ai primi impiegati negli anni ’70.
All’epoca, il vino toscano prodotto nella zona, aveva la caratteristica di stare poco tempo sulle bucce, nel vetro prima di entrare in commercio ma molti mesi nella botte.
Dopo le direttive di Peynaud, messe in atto da Tachis prima e dal suo successore in azienda Renzo Cotarella poi, le uve vengono vinificate separatamente; il vino rimane più tempo a “farsi” sulle bucce utilizzando il metodo soffice della follatura, per poi una volta svinato continuare la fermentazione alcolica in barrique di rovere francese ed ungherese.
Di conseguenza si attende la fermentazione malolattica – che ha termine entro la fine dello stesso anno – per poi essere travasato ed assemblato con molta cura, dopo di che rientra definitivamente in barrique per circa 14 mesi, al termine dei quali imbottigliato e lasciato in affinamento per almeno un anno prima di entrare in commercio.
La cantina Marchesi Antinori ormai da molti anni punta molto sul Tignanello, vengono prodotte attorno alle 350.000 bottiglie annue ed essendo un vino che ricerca la perfezione assoluta, viene concepito soltanto nelle migliori annate, quando le uve sono perfettamente sane e mature riuscendo così a non intaccare la qualità produttiva.
Proprio per questo motivo nelle annate difficili come nel 1972, 1973, 1974, 1976, 1984, 1992 e 2002, l’azienda ha preferito non produrlo.
Il Tignanello è un rosso che ha rivoluzionato la concezione del vino in Toscana, ritenuto una delle massime espressioni qualitative italiane dalla critica enologica italiana e mondiale, ha ricevuto importanti riconoscimenti nell’arco della sua storia.
Considerato una garanzia dai così detti wine lover, ed etichetta ricercata da qualsiasi collezionista e rivenditore di vino in Italia e nel mondo, è da considerarsi il “classico” vino da assaggiare almeno una volta nella vita.