Una volta nella vita bisogna andarci, è una perla di rara bellezza.
Chi è abituato allo splendore di città come Roma, avrà sicuramente sognato da desto davanti a musei all’aria aperta come i Fori Imperiali e la zona del circo Massimo.
Tuttavia, la maestosità, le verdi aiuole, non sono paragonabili alla strepitosa bellezza naturale che fa da cornice alla splendida e selvaggia Mozia che offre altrettanti angoli di museo a cielo aperto, con colori e vigneti di una bellezza sconvolgente.
Mozia si trova in una piccola isola in prossimità della costa Marsalese, l’Isola di San Pantaleo.
Per raggiungere l’isola bisogna imbarcarsi su piccoli traghetti da dove si possono ammirare le saline ed i mulini a vento. La traversata è breve e si arriva dopo pochi minuti in questo piccolo giardino segreto percorribile a piedi in un’ora e mezza circa. Chi ama il buon cibo, oltre che il buon vino, non può fare finta di nulla. Nel porticciolo è presente un coloratissimo bar che offre generosissime arancine, sfincioni e pane cunzato, si fa presto a cadere in tentazione con certi profumi.
L’isola di San Pantaleo fa parte del patrimonio della “Riserva dello Stagnone” di Marsala, creata nel 1984 (il nome “stagnone” deriva dalle caratteristiche acque basse che, in alcuni punti, permettono di camminare nel mare per centinaia di metri).
L’isola è privata e per entrare è richiesto il pagamento di un titolo. Attualmente la fondazione Whitaker è proprietaria dell’isola e ne gestisce il patrimonio.
Per un amante del vino, l’affascinante storia di questa minuscola isola, inizia dalla famiglia Whitaker. Infatti, l’inglese Joseph Whitaker, nato all’inizio del 1800, è stato un uomo molto importante per il mercato e lo sviluppo della produzione del Marsala.
Whitaker si trasferì a Palermo dall’Inghilterra per motivi familiari e cominciò a collaborare con Vincenzo Florio che aveva acquistato alcuni vigneti nel Marsalese per avviare la produzione di questo vino dall’incredibile rilevanza storica. Il successo del Marsala nell’800, fu travolgente ed anche grazie ad un altro nome molto importante come Sir John Woodhouse, mercante di vini inglese. Grazie a lui si esportavano centinaia di barili l’anno destinati alla flotta inglese, già clientela affezionata ai fortificati Porto, Sherry e Madeira.
In epoche recenti, la viticoltura sull’isola era tristemente andata in malora; uno dei fattori determinanti è stata la terribile siccità che ha reso la viticoltura estremamente delicata.
Negli anni novanta, l’Istituto regionale della vite e del vino in Sicilia in collaborazione col l’enologo Giacoo Tachis, hanno intrapreso un’iniziativa per rilanciare il progetto del “vino dei Fenici” ripristinando le vigne e valorizzando la viticoltura sull’isola.
Il vitigno prescelto non poteva che essere il Grillo, sublime da uve surmature ed esemplare nelle botti scolme.
Nonostante i brillanti propositi, il progetto non è stato facile perché piantare viti con una ricchezza archeologica così estesa è indubbiamente molto complicato.
L’impresa, su ben altra scala, potrebbe essere paragonabile alla creazione della rete metropolitana a Roma dove, gli incaricati dei Beni Culturali, sono soliti a fermare qualsiasi lavoro ogni pochi metri.
I vigneti di Mozia sono attualmente gestiti dall’azienda Tasca D’Almerita che produce un unico vino a base di Grillo in purezza. L’etichetta riporta il nome della Fondazione Whitaker e le uve provengono da pittoreschi vigneti ad alberello, ritorti da un poderoso sole in prossimità del mare.
I vigneti si estendono per 13 ettari sui 40 totali dell’isola; la vinificazione invece avviene nelle cantine Regaleali. L’isola infatti è disabitata e non permetterebbe una produzione aziendale principalmente per carenza di risorse energetiche e spazi.
Le testimonianze ampelografiche a Mozia sono ricollegabili con certezza ai primi dell’800, con tutta probabilità la presenza della vite sarebbe precedente, ma non esistono reperti che lo confermino.
Mozia è stata fondata alla fine dell’VIII secolo a.C. ed è così ricca di patrimonio archeologico e di ritrovamenti di popoli lontani perché strategicamente posizionata tra l’Africa e l’Italia, dove il traffico commerciale marittimo era intensissimo. I Fenici, con il loro celebre spirito lungimirante, non persero tempo a trasformarla in colonia per sfruttarne le potenzialità logistiche.
Sull’isola è attualmente aperto un museo archeologico ed è possibile passeggiare accanto a molteplici scavi con rovine in evidenza.
I vigneti che costeggiano il mare e l’eredità tangibile di antiche civiltà, rendono lo spettacolo davvero suggestivo. La storia di questi luoghi e le attrazioni enogastronomiche, fanno di Mozia e del Marsalese una destinazione di incredibile valore.