Valtellina, terra magica di montagna.
Se dico Valtellina, mi si proietta davanti un’istantanea di vigneti arrampicati su pendenze vertiginose, dove la tecnologia non è riuscita ad arrivare, perché la natura con le sue “ostilità” ne fa da padrona.
È l’unica valle “orizzontale” nella regione alpina, cioè una valle di origine glaciale solcata dal fiume Adda, che si sviluppa da Est a Ovest per ben 120 chilometri dal passo dello Stelvio fino al lago di Como e che porta correnti di aria tiepida benefica.
Racchiusa fra le Alpi Retiche e le Orobie, corre parallela all’arco alpino beneficiando di un microclima unico. Dall’alba al tramonto, il sole riscalda il vigneto terrazzato e incastonato come una pietra rara nel versante retico, completamente esposto a Sud e mitigato dai venti freschi del Nord.
I muri a secco sostengono suoli poveri composti da roccia granitica sfaldata, dove, dalla notte dei tempi, la radice del Nebbiolo delle Alpi ha trovato il nutrimento necessario per lo sviluppo di una variabilità genetica ineguagliabile.
La Valtellina è l’area terrazzata più vasta d’Italia e grazie a un insieme di caratteristiche uniche riesce a esprimere alcuni dei vini più vibranti non solo della Lombardia ma anche di tutta la Penisola. È qui che il nebbiolo – unico vero baluardo al di fuori del Piemonte – ha trovato dimora con il nome di Chiavennasca. Quest’ultimo è alla base di tutti e tre i vini più importanti della zona: Sforzato al Valtellina, Valtellina Superiore e Rosso di Valtellina.
Il Valtellina Superiore conta di cinque sottozone dai nomi molto evocativi. Si parte con i 25 ettari di Maroggia, sottozona di più recente riconoscimento che prende il nome dal torrente lì presente. È la sottozona più calda in assoluto con le sommatorie termiche più alte, il maggiore numero di ore di sole e le maturazioni più precoci all’interno delle sottozone del Valtellina Superiore.
Sassella è una vera e propria rupe: zona storica, forse la più celebre. Estesa circa 144 ettari di cui 130 vitati, soleggiata e decisamente impervia, la Sassella presenta pendenze accentuatissime. Zona di Nebbiolo molto classici, equilibrati, sottili e di longevità eccezionale.
Grumello è un’altra sottozona di elevatissima qualità, ha una estensione vitata di 78 ettari circa e prende nome dalle rovine del Castello di Grumello che la sovrasta. Grumus in latino è l’altura; le altitudini variano dai 350 ai 580 metri slm. È il luogo ideale per Nebbiolo delicati e floreali, ma lo è anche per le varietà storiche della Valtellina, come la Pignola, la Rossola e la rara Brugnola. Il Grumello, ricco di fragranze, è più sapido se ottenuto dalle uve della ben delimitata area detta dei Dossi Salati.
Inferno è la sottozona dal nome tanto singolare quanto affascinante con i suoi 55 ettari. Si tratta di uno sperone di piccoli terrazzamenti vitati ad altitudini variabili tra i 300 e i 520 metri slm. Sottozona calda e rocciosa, praticamente senza humus superficiale: i terrazzi sono stati ricavati nei secoli su anfratti di pietra nuda, su porzioni di versante non facili da raggiungere e dove in estate le temperature sono particolarmente elevate. Vino caldo, profumato, speziato, minerale, piuttosto longevo.
Ed infine Valgella, dal latino “Valliculae”, cioè piccole valli: quelle dei piccoli torrenti, chiamati in dialetto Valgel, che scendono dalle Alpi per riversarsi qui e gettarsi nell’Adda. La sottozona è la più vasta tra le cinque. Si tratta di un ampio promontorio di roccia esposto a pieno Sud su cui si arrampicano quasi 140 ettari di vigneti a terrazze. Vino di grande tradizione ma poco conosciuto in Italia in quanto storicamente destinato all’esportazione verso la Svizzera. Le altitudini partono dai 400 metri slm e si spingono fino oltre quota 600.
Altra chicca enologica è lo Sforzato o Sfursat di Valtellina; è il primo passito rosso secco italiano che vanta la DOCG, ottenuta nell’aprile 2003. È il frutto della selezione delle migliori uve Nebbiolo che subito dopo la vendemmia vengono stese su graticci in locali asciutti e ben areati. Qui l’appassimento dura mediamente 110 giorni seguiti da 24 mesi di maturazione ed affinamento in legno e bottiglia. Inoltre, presenta due stili: il primo è caratterizzato da una macerazione breve con residuo zuccherino e il secondo invece da macerazione lunga e secca.
La viticoltura qui è costituita da famiglie per le quali fare vino è un’abitudine storica, lunga più di duemila anni. Nomi storici come Nino Negri, Aldo Rainoldi, Mamete Prevostini, Nera, Sandro Fay, Ar.Pe.Pe, Marsetti, e altri (ad esempio Dirupi di nuova formazione), per i quali il Nebbiolo delle Alpi – per la sua spiccata originalità – meriti un posto d’onore nel mercato internazionale del vino di qualità. Un riconoscimento fondamentale per rendere economicamente sostenibile un’attività secolare che difficilmente si sposa con le logiche produttive moderne. Una viticoltura verticale e di luce che pare un tributo al talento di un grande vitigno in un territorio unico dove tutto viene ancora fatto a mano, dove il vino è l’espressione più pura e sincera della terra e degli uomini che con dedizione la coltivano.
Lo spettacolo dei terrazzamenti vitati della Valtellina – raccontato con grande sensibilità nel film documentario di Ermanno Olmi – è l’eredità di valore inestimabile della gente di montagna che ne è custode da secoli.