USTARì DLA BENILDE
Via Vendemini, 23 Bertinoro (FC)
Tel, 0543/445647
Giorno di chiusura: lunedì
Ferie: variabili
Tovagliato: tovaglie in stoffa
Carta dei vini: vino sfuso
Coperti: 26
Disponibilità di camere: no
Disponibilità di spazi esterni: no Prezzo medio senza bevande: 15 €
SPECIALITÀ STAGIONALI
Tagliatelle, cappelletti e tortelli al ragù, piadina con affettati e squacquerone. Non ci sono particolari piatti stagionali.
Qualcosa di simile è difficile persino immaginarlo, anche se un tempo, forse, le osterie dovevano essere proprio tutte così. Nel centro abitato di Bertinoro, affacciata su una stradina qualunque, una stanzetta spoglia, rivestita in legno sulle pareti sino a mezza altezza e appena ornata da qualche autografo estemporaneo scritto sul muro da avventori famosi, sparpaglia sul pavimento quattro vecchi tavoli anch’essi di legno, attaccati l’uno all’altro o quasi (perché qui la convivialità è una scelta obbligata), rivestiti con tovaglie a quadretti e tele romagnole, tutt’intorno tante fitte sedie impagliate con il bancone da bar allineato sullo sfondo.
Fuori una vecchia insegna, priva di qualsivoglia malizia grafica, recita: “Ustarì dla Benilde”, in onore della fondatrice.
Nessun marketing della tipicità, altro che invenzione della tradizione, oleografia questa sconosciuta: qui l’istituzione osteria si è fermata in illo tempore e non sente alcun bisogno nessun di restyling o di qualche renaissance.
Il menù non c’è neanche bisogno di scriverlo, visto che si riduce a due o tre piatti, eseguiti da tempo immemorabile e come tradizione comanda, qualunque sia la stagione dell’anno. Immancabili Ie tagliatelle al ragù, impastate a mano e stese al matterello, belle gialle e di spessore per esaltare la palatabilità sotto i denti, con l’alternativa – a volte – dei tortelli, anch’essi al ragù; e per secondo, si fa per dire, c’è solo la piadina tipica, preparato alla maniera forlivese/cesenate, cioè bella spessa, servita con un misto di affettati e squacquerone.
Il dolce è un optional che richiede la prenotazione (così come il pasto stesso, date le dimensioni e la fama fra gli iniziati del locale).
Il concetto è antico, ma il concept appare il più moderno che mai: qui si arriva per un’offerta gastronomica che risulta ben definita e probabilmente senza eguali,
Cosicché nelle braccia ben tornite della sfoglina, autentica azdora di un geloso matriarcato, non si stenta a riconoscere lo stesso puntiglio proprio di uno shokunin, il maestro artigiano giapponese che è addestrato a ripetere per tutta la vita il medesimo, reiterato gesto, fino a raggiungere la sua perfezione formale.
Alla ricerca di un assoluto che va assumendo quelle sembianze cosmiche di un disco d’oro.
La gestione è familiare, sotto la supervisione di Norma, schietta figlia della Benilde eponima, che ne amministra prudentemente le poche ma significative ricette.
Per calarsi appieno nell’atmosfera, in accompagnamento non c’è niente di meglio che gustare un bicchiere (qui i calici sono banditi) di rosso sfuso della casa. ovviamente sangiovese locale.