Se quando parte l’iconica schermata con le parole gialle che viaggiano verso lo spazio infinito sentite un brivido che parte dal fondo della schiena e arriva fino al cuore; se quando il vostro commercialista vi ha mostrato l’importo delle prossime tasse, avete risposto coraggiosamente “Valar Morghulis; se vi siete sempre chiesti cosa sarebbe successo nella realtà, raggiungendo le 88M/h a bordo di una Delorean; se avete finalmente e faticosamente imparato che si dice Leviosa e non Leviosà – insomma se vi sentite insolitamente affini a questi scenari, o se anche solo ne avete capito i riferimenti, c’è una buonissima possibilità che siate dei nerd o degli aspiranti tali.
Se non avete colto nessun riferimento, c’è evidentemente un problema. Ovviamente non nei singoli gusti, che rimangono insindacabili, ma sulla percezione del mercato globale: perché di questo si sta parlando.
Le battute precedenti infatti attingono da una serie di contenuti prettamente nerd che se presi nell’insieme e negli anni, eguagliano in valore l’economia di uno stato di medie dimensioni. Non conoscerli e non considerarne l’esistenza significa precludersi una miriade di opportunità estremamente interessanti e soprattutto l’occasione di dialogare con un’enorme porzione di mercato.
Partiamo però dal mondo del vino. Quest’ultimo si è sempre dimostrato alla bramosa ricerca di nuovi profili di pubblico e nuovi consumatori, ma le difficoltà non sono mai mancate. I troppo giovani spesso bevono altro e non hanno la capacità di spesa per i marchi più blasonati. I più esperti variano troppo fra le tipologie e sono difficili da fidelizzare. I “vivant” da serate Milanesi cercano il brand e gli alternativi preferiscono birra o cocktail.
Il settore enologico ha quindi cercato di aprire i suoi orizzonti attraverso numerosissime attività di collaborazione con quasi tutti i settori (arte, moda, automotive, sport, cinema, etc), ma trovare un consumatore che sia giovane, alto-spendente, attento alla qualità e in grado di rendere la giusta dignità ad un prodotto di eccellenza, non è impresa da poco.
Fra tutti i potenziali target esplorati dal mondo del vino, solo uno risulta essere un grande assente: l’universo nerd.
Perché il vino non ha mai strizzato l’occhio a questa tipologia di consumatori?
Prima di tutto occorre specificare che nerd è un termine che da anni ha ormai perso la sua connotazione negativa e che attualmente indica una persona che solitamente è appassionata di tecnologia, gaming, fumetti, fantascienza e non solo.
Quello che all’inizio era sinonimo di un individuo intelligente, ma che amava esplorare le proprie passioni tendenzialmente in solitaria, adesso si è trasformato in un termine che indica orgoglio e appartenenza ad una categoria di consumatori che condividono degli interessi ben precisi e tutt’altro che asociali.
Storicamente questa categoria non si è mai rivelato troppo attraente per i brand non di settore, mai i tempi sono cambiati e “nerd is the new cool”. Molti settori l’hanno già intuito.
Vi chiedete ancora perché il consumatore nerd stia diventando così interessante? Ecco uno spaccato di realtà.
Il solo settore del gaming conta 2,5 miliardi di giocatori nel mondo, con una movimentazione di quasi 200 miliardi USD, un’età media intorno ai 30 anni e il 60% dei consumatori che dichiarano di giocare principalmente su smartphone.
Nei primi 21 film che hanno fatto i maggiori incassi di sempre, 15 sono di fantascienza, animazione o supereroi. Le serie TV? Ve lo lascio immaginare.
Il board gaming in pochi anni arriverà a valere nel mondo quasi 20 Miliardi USD. Mancano ancora all’appello: comics e editoria, fiere ed eventi, merchandising e collezionismo e tutti i settori afferenti.
Insomma si tratta di un macro-settore esteso, che conta miliardi di potenziali consumatori nel mondo che sono orgogliosi di chiamarsi nerd.
Per molti settori, non solo quello enologico, questa categoria non è mai stata cool. È decisamente più facile trovare nell’immaginario comune una bella bottiglia di bollicine sul tavolo di una galleria d’arte o ad una kermesse cinematografica, piuttosto che ad un torneo di LOL (*League of Legends). Inoltre i nerd non hanno mai dimostrato un vero e proprio interesse per il vino, quindi nessuno ha sentito l’esigenza nemmeno di provare a conquistarsi la loro fiducia.
Perché dovrebbe farlo?
I nerd sarebbero i consumatori ideali per il mondo vino. Spaziano infatti dai giovanissimi agli over cinquanta, comprendendo quindi una parte enorme della rappresentanza demografica mondiale.
Sono incredibilmente fedeli e fidelizzabili. Quando sviluppano una predilezione è difficilissimo distoglierne il focus. Sviluppano delle vere e proprie ossessioni per quelle categorie di contenuti o prodotti che sanno far vibrare le corde giuste e che sanno inserirsi coerentemente all’interno del loro universo di valori.
Impossibile? Non avete mai visto le code interminabili del Comicon o del Lucca Comics. I veri fan di un prodotto, soprattutto in questo settore, farebbero di tutto per un gadget, un autografo e, perché no, una bottiglia (soprattutto se arriva dagli Skywalker Vineyards).
Se spaventa l’idea che il consumatore nerd possa riflettere un’immagine cheap o non avere la capacità di spesa per confrontarsi con certe tipologie di prodotti, avete una percezione del tutto distorta di questo mondo. Una persona disposta a pagare 80€ per ogni gioco in day one, 4.000€ per una postazione da gaming, 1.000€ per una singola carta collezionabile, pensate possa impaurirsi per il costo di qualsiasi tipo di prodotto?
Il segreto è farsi amare e parlare la loro lingua.
Questo particolare consumatore è circondato da un universo media che è in rapidissima ascesa e che è in grado di offrire interessanti spunti per qualsiasi settore del marketing. I più appassionati giocatori di console ricorderanno in maniera dolce-amara severi rimproveri di tutte le mamme del mondo che sostenevano che giocando solo alla PlayStation non si sarebbe andati da nessuna parte.
Tyler Blevins, alias “Ninja”, non sarebbe d’accordo. La sua professione? Gamer. Guadagna più di 6 milioni USD l’anno, sponsorizzato Red Bull e Adidas e recentemente apparso in un a pubblicità durante l’intervallo del Super Bowl.
E se in qualche suo post dal centinaio-di-migliaia-di-like facile, apparisse una bottiglia di vino? Non sarebbe decisamente male. Una bella trovata di influencer marketing.
Tutto questo per dimostrare che l’universo nerd è in grado di fornire opportunità incredibili in un ambiente che ha ancora molto spazio da offrire a settori terzi che desiderino sviluppare contenuti o collaborazioni coerenti.
Quanto costa?
Se il vostro sogno è far bere un corroborante sorso del vostro vino da Capitan America nell’ultimo Avengers, sicuramente non sperate di cavarvela a buon mercato. Più seriamente, esistono numerose possibilità di avvicinarsi a questo settore, alla portata di tutte le aziende che siano realmente intenzionate a farlo.
Per chi dovesse avere dei grossi budget, ad esempio, l’in-game advertising è una frontiera della comunicazione che sta spopolando. Non si tratta di altro che inserire le proprie comunicazioni aziendali all’interno dell’universo virtuale di qualche videogame. Fantascienza? Pazzia? Può essere, ma fra i nomi che già praticano questa forma di pubblicità troviamo Subway e… Barack Obama (per le sue elezioni del 2008). Giusto per citarne un paio. Sicuramente è difficile immaginare uno scenario del genere per chi non conosce questo settore, ma arrivati a questo punto di saturazione informativa, potrebbe forse avere più senso un billboard nel nuovo open world di GTA, che in una fermata della metro a Milano. Diversi studi si sono già interessati di fare ricerca sull’efficacia di queste tecniche e i risultati sono sorprendenti.
Ovviamente esistono possibilità di comunicazione dedicata al mondo “nerd” per tutte le tasche e portafogli. Non tutti hanno infatti la capacità per poter sponsorizzare la prossima finale mondiale di Fortnite.
Il mondo del board gaming e del videogaming indie si prestano molto bene a progetti più accessibili. Un bellissimo esempio arriva da Esselunga, che decide di reinterpretare dei classici giochi da tavolo, reinterpretandoli secondo lo stile della “Grande S”. Un’idea divertente e di successo.
Un product placement in una diretta di Ninja ha sicuramente un prezzo non per tutti, ma esistono migliaia di altri streamer su piattaforme come Twitch che sicuramente valuterebbero attentamente una proposta interessante.
Perchè non sponsorizzare totalmente la creazione di uno dei migliaia di progetti presenti su KickStarter, proponendo una partnership?
Un’altra trovata modellabile sulle tasche di tutti è il fronte contenuti per smartphone. Gli Idle-Games stanno spopolando e segnano risultati da milioni di download con una facilità sconcertante. Forse all’interno gli adv sono un po’ invasivi, ma sicuramente raggiungono il bersaglio e tutto ruota intorno alla coerenza con cui si sviluppano i progetti.
Sembra quindi che ci sia un modo per tutti i potenziali di spesa per avvicinarsi in maniera coerente a questa interessantissima parte di mercato, che fino ad ora non ha conosciuto il mondo del vino perché quest’ultimo si è dimostrato fortemente disinteressato.
Concludendo, la speranza è che si sia evidenziato in maniera chiara il perché il settore del vino non abbia mai fatto la corte ai nerd.
Altrettanto chiaramente dovrebbe essere emerso che sarebbe decisamente il caso di iniziare a farlo.
Questi ultimi vanno conquistati, ma si potrebbero rivelare dei consumatori ideali per un comparto produttivo che ne è in continua ricerca. Ci sono le possibilità, c’è lo spazio, ci sono gli attori; adesso manca solo la volontà di cominciare.
Una sola indicazione finale. Farlo solo perché di moda, solo perché si tratta di un trend in ascesa, sarebbe incredibilmente controproducente, L’interesse deve essere quello di iniziare a dialogare con dei nuovi interlocutori e, per farlo, serve conoscere e comprendere un universo valoriale complesso, come quello derivante dallo studio di qualsiasi target. Nel caso, meglio affidarsi a persone competenti, onde evitare degli scivoloni che sarebbero irreparabili. La fiducia e l’attenzione vanno conquistati.
Un primo passo? Partite da qui: “Fare o non fare. Non c’è Provare.”