Come accennato in conclusione della prima parte di questo lavoro, la nascita della moderna vitivinicoltura cinese può essere ricondotta agli ultimi anni della dinastia mancese dei Quing e all’intervento del cinese d’oltremare Zhang Bishi che fonda la cantina Zhangyu. Da qui ripartiamo con il racconto.
Cantina Qingdao. Nel 1914 è una drogheria tedesca a stabilire a Qingdao la prima cantina vinicola della zona. Venduta anni più tardi (1930) ad un’altra compagnia commerciale tedesca, la Melchers & Co., abbreviato in MelCo e tradotto in cinese Meikou, vede incrementare la sua produzione anche in seguito alle difficoltà di importazione di vino straniero con lo scoppio della seconda guerra mondiale. Raggiunto il volume dei 1000 ettolitri apre punti vendita a Shanghai, Tianjin e nell’Asia sudorientale. Quando la Meikou passa sotto il controllo del partito nazionalista riceve un’amministrazione di tipo statale che ne frena lo sviluppo.
Cantina Qingxulu. Fondata nel 1921 da Zhang Zhiping col nome di Yihua Niangjiu Gongsi, si assunse il compito di produrre vino in sostituzione di quello importato dall’occidente, con l’ausilio di macchinari provenienti dalla Francia. Cominciò così la produzione di vini bianchi raffinati, rossi di qualità, liquori d’uva e brandy. Con l’occupazione di Qingxu durante la guerra di resistenza l’azienda subì una devastante distruzione. Nel 1949 era arrivata a sfiorare i 3000 ettolitri di capacità e contava ben 150 dipendenti.
Cantina Beijing. Nasce nel 1910 come Istituto enologico, successivamente trasformato in cantina (col nome di Cantina Shangyi) e annessa al proprio convento da una congregazione cattolica francese, che produceva vino per le funzioni religiose di tutta la Cina. Aumenta la propria capacità (che raggiunge i 1000 ettolitri), e comincia a diversificare la produzione con liquori e brandy. Fornisce le ambasciate straniere, i ristoranti e i locali non solo di Beijing (Pechino), ma anche di altre importanti città della Cina. Gli avvenimenti del 1949 segnano un temporaneo arresto della sua attività
Cantina Tonghua. Sorge nel 1938 ad opera dei giapponesi presenti nella provincia cinese del Jilin durante il governo fantoccio dei Manchi. Tre anni più tardi viene spostata la sede e ampliata la cantina, che raggiunge la produzione annua di 700 ettolitri. Successivamente sono introdotte attrezzature di fermentazione e distillazione e si toccano i 1000 ettolitri. Le forze militari nipponiche prendono il comando dell’azienda e la trasformano in un’industria militare per la produzione del tartrato acido di potassio, ma con la loro caduta la cantina è rilevata in un primo tempo dal partito nazionalista e in seguito dall’Ottava Armata.
Per la Cina l’epoca dei regimi dei cosiddetti “Signori della guerra”, cui si oppone solo il partito di Sun Yat-sen, fondatore nel 1912 della prima Repubblica Cinese, caratterizzata dalle invasioni straniere da un lato e dalla corrotta burocrazia statale dall’altro, pongono l’industria vinicola cinese in seria difficoltà di sopravvivenza. Va altresì aggiunto che, in epoca moderna, l’industria enologica cinese ha ricevuto impulso dalle varie attività connesse con la Chiesa Cattolica operante in Cina.
Le fasi dello sviluppo dell’industria vinicola cinese moderna dopo il 1949 (anno in cui Mao Zedong fonda la prima Repubblica Popolare Cinese) hanno visto un primo iniziale recupero, uno sviluppo della produzione su vasta scala, che si estende alle regioni ad est di Beijing e che porta alla creazione di diverse cantine secondo gli obiettivi del primo piano quinquennale, e un’ulteriore espansione durante il secondo piano quinquennale, con sfruttamento delle zone lungo il corso dello Huang He (fiume giallo) e l’introduzione di nuove cultivar da vino dall’est europeo (Bulgaria, Ungheria, ex-Unione Sovietica).
Contemporaneamente si selezionano e riproducono varietà di origine cinese e si pongono le basi del vivaismo. Si costituiscono nuove cantine in tutte province della Cina centro-orientale.
La fioritura di cantine subisce una battuta d’arresto negli anni della Rivoluzione culturale (1966-1976), per riprendere lentamente dopo la morte di Mao Zedong e la modesta apertura della Cina all’occidente.
Nel 1978 si contano un centinaio di cantine per una produzione complessiva di circa 640.000 ettolitri, considerevole se paragonata ai 2000 ettolitri del 1949.
Tra il 1978 e il 1983 Guo Qichang introduce in Cina una nuova tecnica viticola che proietta l’industria enologica del paese verso standard internazionali.
Il 1980 segna la creazione della joint-venture sino francese Dynasty Winery Corporation a Tianjin, in collaborazione con il colosso Rémy Martin e la fondazione della Great Wall Winery, interamente cinese. Insieme con la consolidata Zhangyu Winery costituiranno il cosiddetto “triumvirato dell’industria vinicola cinese”, coprendo il 50% della produzione nazionale.
Durante gli anni 80 la Conferenza Nazionale sui vini e le bevande spiritose segna l’inizio di profondi cambiamenti nell’industria degli alcolici, il più importante dei quali riguarda la volontà del paese di passare da un’industria di bevande alcoliche a base di cereali, ad una a base di fermentati di frutta, creando nuovi sviluppi e opportunità per il vino, che nel 1988 ha superato il tetto di 3 milioni di ettolitri prodotti.
Con l’arrivo degli anni Novanta si assiste allo sviluppo della produzione di brandy, oltreché all’incremento della produzione di vino rosso. Il numero delle cantine cresce considerevolmente, passando dalle 240 registrate nel 1985 alle 500 nel 1999. Nello stesso intervallo di tempo la superficie riservata ai vigneti passa da un’estensione di 100.000 mu a poco più di 400.000 mu (circa 26.600 ettari).
Le norme internazionali alle quali comincia ad attenersi il mercato enologico cinese fanno sì che la produzione si vada lentamente orientando verso i vini secchi, pressoché estranei alla cultura e al palato cinese, che da sempre richiede solo vini dolci. Nel 2010 la stima vuole che, sul totale del vino prodotto, il 40% sia costituito da vini secchi, in netta crescita, di cui l’80% rossi e il 20% bianchi.
L’introduzione di tecniche di vinificazione specifiche come la fermentazione malolattica e di attrezzature avanzate (presse pneumatiche e fermentini) riducono sensibilmente le distanze tra l’enologia cinese e gli standard internazionali. Non si può dire lo stesso per quanto concerne le tecniche colturali, ancora fortemente legate alla tradizione manuale.
Ecco i profili delle principali aziende vitivinicole, sovente evoluzione delle storiche realtà sopramenzionate.
La Dynasty Winery (Zhongfa heying putao niangjiu gongsi) è la prima joint venture vinicola in Cina. Sin dalla sua fondazione Rémy Martin (Far East) Ltd., Francia, deteneva il 33%, Municipal Tianjin Winery, il 62%, INTTRA (Hongkong) il 5%. La cooperazione tecnica, sia viticola che enologica, è con Rémy Martin, attualmente ancora il secondo maggiore azionista. L’azienda è localizzata nella municipalità di Tianjin, nel Golfo di Bohai, a 39° di latitudine nord, sotto l’influsso di un clima marittimo.
Nei primi anni di attività la produzione era legata al vitigno locale Long yan ed al Muscadet, importato dalla Bulgaria. Col tempo sono stati piantati: Moscato d’Amburgo, Riesling italico, Carignan, Rkatsiteli, Chardonnay e Cabernet Sauvignon. L’uva impiegata proviene in parte dai 66 ettari di proprietà, in parte è acquistata: il Riesling da aree di produzione settentrionali, lo Chardonnay dalle zone viticole montane e il Cabernet sauvignon dallo Shandong. Attualmente produce un centinaio di prodotti in cinque categorie principali, vale a dire vini rossi, bianchi, spumanti, icewine e brandy.
In linea con l’attuale tendenza nazionale orientata all’abbandono dei vini dolci, tradizionalmente richiesti dal consumatore cinese, l’azienda produce vini bianchi dalle varietà Moscato d’Amburgo e Riesling italico, classificati come “medium dry”; vini rossi secchi da uve Cabernet sauvignon e da uve Merlot, vinificati secondo il “Bordeaux style” e commercializzati in bottiglie bordolesi; vini rosé da uve Carignan e vini spumanti con metodo classico da Chardonnay e Riesling italico. La capacità produttiva al 2010 era di 70.000 tonnellate.
La China Great Wall Wine Company Ltd. nasce nel 1983 dalle ceneri della vecchia Cantina Shacheng, nell’omonima città della provincia di Hebei, in virtù della joint venture composta da Zhangjakou Great Wall Wine Company, CEROF (China National Cereals, Oils and Foodstuffs Imp. and Exp. Co.), Yuan Tai Trading Company, Ltd., HongKong.
L’azienda, che ha una superficie coperta di 69000 m², è situata a Huailai, nel distretto viticolo di Shacheng, a nord della Grande Muraglia (Hebei), in un’area bagnata dai fiumi Sanggan He e Yang He e dal bacino idrico Guanting, a 700 m sul livello del mare, dove coltiva una decina di varietà d’uva internazionali tra cui Merlot, Cabernet sauvignon, Zinfadel, Chardonnay, Riesling, Sauvignon Blanc, Pinot noir, oltre al vitigno tradizionale cinese Longyan (7ha) vinificato nelle tipologie “dry”, “medium dry”, “medium sweet”.
Si apprende da P. Eijkhoff (2000) che le tecnologie di vinificazione impiegate sono avanzate, ben meccanizzate e a controllo computerizzato. Le apparecchiature (serbatoi con impianto di raffreddamento, presse, centrifughe, imbottigliatrici) sono importate da Francia, Germania e Italia
La Sino-Japanese Friendship Winery Co., ora Yantai Changyu Pioneer Wine Company, è l’evoluzione della prima cantina del Paese, che portava il nome di Zhangyu Winery e che durante un secolo di attività ha raggiunto dimensioni ragguardevoli. Nel 1985 è stabilita la joint venture tra Yantai Winery, CEROF-Shandong, Kanematsu Kosho Co. e nell’ultimo decennio ha visto la partecipazione al 44% di Augusto Reina, patron di ILLVA Saronno, recentemente scomparso. L’azienda, che è la più grande del continente asiatico, può contare su una proprietà di diverse migliaia di ettari distribuiti in 6 regioni viticole e su otto Chateau, frutto di partnership con altri Paesi europei e non. I vitigni coltivati sono prevalentemente internazionali: Cabernet sauvignon e franc, Pinot gris, Pinot noir, Chardonnay, Riesling, Semillon, Merlot, Sauvignon blanc, Ugni blanc. Al suo interno è divisa in alcune unità, secondo la tipologia di prodotto: Wine Company produce vini rossi secchi e vini bianchi sia secchi che dolci, e vini spumanti. Health Wine Company produce vini e liquori con l’ausilio di erbe medicinali che, secondo la tradizione cinese, sarebbero efficaci nella prevenzione e cura di talune malattie come nella bonificazione dell’organismo. Questi prodotti sono commercializzati nel Sud-Est Asiatico, a Hongkong e Taiwan. Brandy Company produce brandy XO, VSOP, VO, VS, classificati secondo gli anni di invecchiamento. Il 30% del prodotto è esportato e ha raggiunto il mercato europeo (Olanda, Belgio, Francia), quello americano, oltre naturalmente ai mercati asiatici.
East China Winery Co., Ltd. ora Qingdao Huadong Winery Co. Il nucleo originario è quello della vecchia Cantina Meikou, passata sotto il controllo statale, che aveva arrestato la propria produzione a circa 100 tonnellate.
La joint venture del 1985 dà un nuovo impulso all’azienda e apre nuove prospettive con la partecipazione di: Qingdao Huaguan Wines & Spirits Co. (50%), Shandong Food Imp. & Exp. Co. (10%), Parry Pacific Co., HK (40%), sostituita nel 1989 da Hiram Walker Allied Vintners Ltd., Hongkong, filiale di Allied Domecq Spirits & Wine Ltd, UK.
I vigneti, disposti su diverse centinaia di ettari, sono situati a Laoshan (area montana in prossimità della città di Qingdao, che si affaccia sul Mar Giallo), Pingdu e Laixi, aree collinari con suoli sabbiosi e ben drenati lungo i versanti che digradano verso il letto del fiume. La densità di impianto è media, circa 5000 ceppi/ha, con una produzione di 22.5 hl/ha.
A partire dal 1985 la Huadong Winery ha importato dalla Francia 42000 talee di 13 cultivar occidentali: Riesling italico, Chardonnay, Cabernet sauvignon, Cabernet franc, Chenin blanc, Sauvignon blanc, Gewürztraminer, Merlot, Gamay, Shiraz, Alicante, Grenache e Pinot noir.
I primi quattro fra questi sono stati impiegati in produzione, gli altri prevalentemente in sperimentazioni presso un vigneto sperimentale di 13 ha situato in prossimità della cantina. Sperimentazioni che hanno portato all’abbandono delle varietà Alicante e Pinot noir, non adatte in quanto fortemente suscettibili al marciume.
La gestione della filiera viticola ed enologica segue standard internazionali, grazie alla consulenza di tecnici australiani di cui l’azienda si avvale per ciò che concerne le tecniche colturali e le tecnologie di vinificazione. Le attrezzature di produzione, di elevata qualità, sono di provenienza francese o tedesca. Il personale tecnico di cantina è in parte locale, in parte australiano.
E’ stata la prima azienda in Cina a produrre vini secchi di qualità da varietà vinificate in purezza (Chardonnay, Riesling e Gamay) e ad adeguarsi agli standard internazionali O.I.V.
Beijing Friend. Winery Co., Ltd. ora Dragon Seal Wines Co.
Si tratta della vecchia Cantina Shangyi (fondata nel 1910 dalla congregazione religiosa francese Frères Maristes) che nel 1949, dopo una temporanea interruzione di attività, è ricostruita dal governo Cinese grazie a importanti investimenti. Nel 1956 diviene la seconda Cantina del Paese per capacità produttiva (10000 ton/anno). Tra la Beijing Winery e il gruppo francese Pernod Ricard sono create due joint ventures: nel 1987 la Beijing Dragon Seal Wines Co. e nel 1994 la Beijing Pernod Ricard Winery, come espansione della medesima impresa che risulta decuplicata.
Prima del 1987 la Cantina produceva solo vini per il mercato interno, secondo lo stile tradizionale cinese, cioè aromatizzati al fiore d’osmanto e dolci, nonché baijiu. La sede dell’azienda è nel distretto di Hai Dian, alla periferia ovest di Beijing (Pechino), mentre i vigneti sono localizzati principalmente nel distretto di Huailai, provincia di Hebei, a 120 km dalla capitale. Qui il clima è continentale, secco, e particolarmente favorevole alla coltivazione della vite. Nel corso degli anni un team di tecnici francesi e cinesi ha selezionato e importato dalle regioni viticole francesi (Bordeaux, Borgogna e Alsazia) 16 cultivar, tra cui: Gamay, Sauvignon blanc, Cabernet sauvignon, Chardonnay, Riesling renano, Riesling italico, Moscato d’Amburgo, Chenin e Gewürztraminer, oltre naturalmente alle varietà tradizionali cinesi White feather e Longyan.
Per quanto riguarda la produzione di vini bianchi viene precisato che “le differenti varietà sono pigiate e fatte fermentare separatamente” – operazione non così scontata per il mondo vinicolo cinese. Per la vinificazione in rosso “al fine di mantenere colore e aromi, è impiegata la macerazione semi-carbonica”. La capacità della linea di imbottigliamento supera le 6000 bottiglie l’ora.
I prodotti, quasi esclusivamente vini secchi commercializzati con il marchio Longhui putaojiu (vini Dragon Seal), vini bianchi secchi da uve Riesling italico (65%) e Bailing (20%), vitigno cinese che conferisce freschezza e buona acidità al prodotto, e altre varietà in percentuale minore; Chardonnay da uve in parte fermentate e maturate in barriques francesi, in parte vinificate in acciaio; vini bianchi semi-secchi da uve Moscato d’Amburgo (che contribuisce al bouquet aromatico), Bailing e Longyan per acidità e freschezza; vini rossi secchi da uve Gamay e Cabernet franc, vinificate con macerazione semi-carbonica e Cabernet sauvignon vinificato in purezza; vini rosati da uve Gamay e Cabernet sauvignon che subiscono una breve e controllata macerazione in acciaio, e fermentano a basse temperature. E’ il primo produttore cinese di vini spumanti a metodo classico. Il mercato interno assorbe la quota maggiore, soprattutto le grandi catene alberghiere internazionali dei capoluoghi, ma anche ristoranti e luoghi ove si organizzano degustazioni. L’esportazione ha raggiunto 20 Paesi, tra cui Francia, UK, Olanda Germania, Canada, oltre ai mercati asiatici.
Tonghua Winery (China National Cereal and Foodstuff Imp. and Exp. Corp.)
Situata nella provincia del Jilin (nord-est del Paese), è stata la prima joint venture vinicola in territorio cinese per un’azienda americana, ed un importante colpo per Martini. La Cantina Tonghua (fondata nel 1938 dai giapponesi) era infatti una delle aziende vinicole statali più grandi del continente asiatico con una produzione di 6 milioni di bottiglie all’anno, ma i cui prodotti erano però di qualità scadente, e con di basso valore commerciale: elaborati con uve di viti selvatiche, si trattava di 40 tipi di bevande alcoliche, inclusi liquori medicinali. All’inizio del nuovo millennio l’azienda produceva circa 2 milioni di bottiglie l’anno di “fine wines in the land of tea”.
La situazione col tempo è decisamente cambiata: la cantina di proprietà è una delle prime cantine sotterranee in Cina, con una superficie totale di 10340 metri quadrati, una temperatura costante di 15-16 ° C e una profondità di 4,5 metri dal suolo. Alloggiano qui 772 grandi botti di rovere tutte da querce di secolari della montagna di Changbai.
L’azienda è famosa (e pluripremiata) in Cina e all’estero per i suoi Icewines a base di uva Vidal e per i “vini di montagna”, prodotti appunto con “uva di montagna”, dal sapore dolce, sovente addizionato di miele. Non mancano un “Tonghua caldo vino di montagna invernale”, che va sorbito a 60°C con eventuale aggiunta di datteri rossi, e il “liquore alla rosa” realizzato immergendo i petali di rose rosse a doppio petalo nel vino di montagna fermentato a temperatura controllata per diversi mesi.
Shanshan Winery ora Chateau Loulan. Fondata nel 1976 e situata nel distretto viticolo di Turfan (provincia del Xinjiang), è un esempio di azienda vinicola che produce tra i più gradevoli vini da tavola del Paese, nonostante sia ubicata in una zona particolarmente vocata alla produzione eccellente di uva da tavola e uva da essiccare. Il vigneto ha una capacità produttiva di 5000 tonnellate l’anno. Il clima secco e l’abbondante insolazione, unitamente ad ottime condizioni del suolo, portano a maturazione uve con elevato tenore zuccherino e intensi e dolci aromi, ricercati dal palato dei consumatori cinesi. E, secondo quanto riferisce l’azienda, i vini prodotti sono privi “di qualunque additivo artificiale”. Le recenti collaborazioni con esperti francesi hanno prodotto una buona gamma di vini; tra questi il Cabernet sauvignon e il Sauvignon blanc si sono distinti per qualità e gradevolezza. L’azienda produce interessanti semi-sweet wines da uve Chenin blanc e Riesling.
Nelle diverse Province cinesi sono attualmente in attività almeno una cinquantina di aziende di livello qualitativo accettabile anche per gli standard internazionali. Dal 2013 è presente nella regione montuosa del Ningxia il Domaine Chandon, in cui Moet&Chandon, gruppo LVMH, ha deciso di produrre spumanti a base di Pinot Nero e Chardonnay avendo reputato le condizioni ambientali e geo-pedologiche del luogo adatte alla produzione di vini di qualità.
Uno sguardo al mercato
Nonostante il vino rappresenti ancora un piccolo segmento del mercato cinese rispetto ai fermentati di cereali e alla birra, a cui abbiamo fatto cenno nella prima parte dedicata alla Storia delle bevande alcoliche, è altresì vero che si è registrata una crescita significativa del consumo di vino nell’ultimo decennio.
Le ragioni alla base dell’evoluzione dei consumi possono essere diverse:
> aumento del reddito della classe media (400 milioni di persone che rappresentano il 30% della popolazione cinese) che ha comportato maggiore interesse e attenzione dei cittadini alla qualità della vita
> risiedono in Cina quasi tre milioni di stranieri, particolarmente nelle grandi città e sono consumatori abituali di vino
> i media svolgono un’importante opera di informazione sulle virtù salutistiche del vino d’uva, e questa propaganda sta orientando le scelte di molti consumatori
> il vino è di moda anche nei locali notturni, nelle discoteche e nei ristoranti di alta gamma, dove i cinesi sono disposti a spendere somme considerevoli per le etichette più prestigiose
> non meno importante è la possibilità di acquistare il vino nei supermercati e nei negozi, nonostante non sia ancora abitualmente consumato con il cibo, per tacere dello shopping online.
Anche i gusti dei cinesi stanno cambiando. Fino alla metà degli anni Novanta si consumavano quasi esclusivamente vini dolci o abboccati, mentre ora i vini secchi, principalmente rossi, rappresentano il 50% dei vini prodotti.
L’abitudine ai vini dolci e anche aromatizzati con i fiori d’Osmanto e di biancospino, è probabilmente alla base del consumo di vino miscelato con soft drink. A questo proposito è esemplificativo quanto affermava P. Eijkhoff nel già citato Wine in China: “il consumatore medio di vino è un soggetto tra i 20 e i 35 anni, relativamente abbiente e che risiede in un’area urbana. I cinesi non servono necessariamente il vino in modo tradizionale. E’ comune bere rosso freddo, il vino bianco è spesso miscelato con cola e il rosso con lemonsoda”. I consumi di vino fino ad una manciata di anni fa erano legati alla moda dei karaoke bar, ai banchetti di nozze, ai locali dove il gan bei 干杯(letteralmente “seccare il bicchiere”) con un bicchiere di vino era una questione “più di esibizione che di sensazione” (New York Times).
La certezza è che in Cina si stia andando verso un atteggiamento “quality over quantity”: i consumatori, più informati e consapevoli, sono ora determinati a spendere di più per vini di qualità superiore, inclusi i vini spumanti. Il valore del mercato è così aumentato nel 2018 del 2.1% a dispetto della contrazione del volume di vendita.
L’e-commerce ha facilitato la diffusione delle conoscenze sul vino in Cina, offrendo ai consumatori la possibilità di sperimentare differenti tipologie di vino. Nell’articolo “China’s wine market” (Beveragedaily.com, 2019), Rachel Arthur riporta che il 46% dei consumatori ha acquistato vino online, ed è più interessato alla varietà dell’offerta che non all’idea di sconti e prezzi vantaggiosi.
Il mercato è controllato al 70% dai prodotti locali (Dynasty, GreatWall, Changyu e Dragon seal sono i marchi leader). C’è da dire che anche sotto questo aspetto le cose stanno via via cambiando e i vini d’importazione non sono più distribuiti unicamente in hotels e supermercati internazionali con clientela prevalentemente occidentale, ma anche in ristoranti frequentati da cinesi e a prezzi più competitivi nei centri di grande distribuzione.
Lo scollamento tra l’aggressività degli investimenti nel settore che ha caratterizzato gli ultimi decenni, a cui non è seguito un incremento così rapido dei consumi e dello sviluppo economico, ha determinato nel 2018 un calo delle vendite (e della produzione, che si è attestata poco oltre i 9 milioni di ettolitri, dopo il picco a 13.5 milioni del 2014) sia di vini d’importazione che locali. A partire dal 2019 le quote del mercato del vino si sono concentrate su prodotti di alta qualità, regioni vinicole ben note e marchi forti. Il 2020 doveva mettere sulle spalle dei marchi leader la responsabilità di guidare lo sviluppo del settore e diffondere i consumi, se il Coronavirus non ci avesse messo del suo, e dovremo attendere ancora un bel po’ di tempo per comprenderne gli sviluppi.
Attualmente si calcola che in Cina ci siano quasi 50 milioni di winelovers, che l’Italia si collochi dietro a Francia, Spagna, Cile e appena davanti all’Australia nelle esportazioni di vino in Cina (con un aumento nel 2016 del 24% in valore), che le migliori performances francesi e spagnole siano parzialmente legate agli investimenti della Changyu Pioneer Wine Company nei due Paesi, mentre le esportazioni di vino cileno in Cina sono aumentate del 41% in valore rispetto al 2014, dopo che la Cina ha abolito tutte le tariffe sui vini cileni nello stesso anno.
È innegabile che il mercato cinese rappresenti un mercato attraente per i paesi esportatori di vino poiché il numero (e la qualità) dei consumatori è destinato ad aumentare. Ma è fondamentale ottenere la registrazione del marchio in Cina e avere l’etichetta conforme alle normative sulla legislazione alimentare.