Ristorante Allegria
Via Ciola, 381 – Mercato saracena (FC)
Tel. 0547/692382
Giorno di chiusura: domenica sera e lunedì
Ferie: variabili in estate
Tovagliato: tovaglie in tessuto
Carta dei vini: poche etichette del territorio
Coperti: 50
Disponibilità di camere: no
Disponibilità di spazi esterni: no
Prezzo medio senza bevande: 25 €
SPECIALITÀ STAGIONALI
In autunno le tagliatelle al tartufo, in inverno gli spiedi di caccia, in primavera l’agnello a scottadito.
Una vecchia osteria ultra-centenaria ma sempre in grandissima forma, così era così è rimasta, senza mai cambiare né volto né proposta. Gli arredi e lo spirito sono quelli di sempre come le persone che ci lavorano, infatti i proprietari sono gli stessi, avvicendatisi di generazione in generazione.
In menu si trovano i buoni piatti della tradizione romagnola, eseguiti secondo il ricettario classico, con selvaggina e, in stagione, funghi e tartufi. Si ricordano i crostini di beccaccia, gli agnolotti al tartufo, lo spiedo di allodole, la zuppa inglese, le crostate e le ciambelle della casa.
A battezzarlo fu il soprannome del capostipite Lazzaro Balzoni, oste sotto i cui baffi tuonavano gioviali le risate.
Sulle sue orme si sono mossi la figlia Bianca – ancora onnipresente nonostante l’età – che ha impostato le ricette tuttora in uso e il marito Masin, vero padrone dello spiedo. Oggi è Anna il vero motore del ristorante, il cuore pulsante. sempre seguita come un’ombra dal suo cane Uga Calliope.
Un’esperienza culinaria senza eguali, in direzione ostinata e contraria rispetto alla standardizzazione galoppante, va in scena dentro un’anonima casetta bianca affacciata sulla strada provinciale.
Tutto sembra fuori dal tempo e fuori dal mondo, con una vista panoramica sulla pieve di Montesorbo, nel fitto umbratile del bosco.
Gli interni non tradiscono le aspettative, con i loro pavimenti a scacchiera, le pareti rivestite in legno, gli archi in mattoni vivi ma soprattutto i vecchi arredi e le foto di famiglia appese fra i cimeli.
Nella prima delle due salette sopravvive il bancone del bar ancora attivo in mezzo ai tavoli gremiti; ma sullo sfondo l’occhio lungo sbircia le azdore nel loro camerone, le mani nella pasta di sessanta-ottanta uova alla volta.
Sotto si spalanca invece una vasta cantina: vi stagionano salumi di produzione propria o confezionati per la casa. Salame al coltello, coppa, guanciale, pancetta, spalla, salsiccia secca di lavorazione artigianale. Vengono serviti in antipasto, come i formaggi, fra cui le forme intere col coltellone d’ordinanza e la marmellata di uva e prugne.
A seguire le grandi paste fresche al matterello: tortelli, cappelletti, tagliatelle al ragù di lepre, al tartufo bianco (la varietà è di Acqualagna, ma lo scavo locale), agli stridoli e agnolotti ai formaggi poveri. E poi la selvaggina, soprattutto da penna, spesso su prenotazione: beccacce sul crostino, spiedi di allodole, di tordi e uccelletti; ma anche cinghiali e caprioli, piccioni e agnelli. In stagione si friggono i porcini o si affettano gli ovoli in insalata.
Quando è periodo il tartufo nevica sulle uova, sulla caciotta fusa e sul nodino di vitello mentre un cartello avvisa gli ospiti della quotazione del giorno, come in gioielleria, affinché scelgano fra sfarzo e parsimonia passando il tubero sulla mandolina. Sarà la bilancia a pesare il giusto prezzo. In accompagnamento la piadina e qualche etichetta, soprattutto Sangiovese.