Siamo nel 2020 e in molti vecchi film girati in bianco e nero in bobina di pellicola, si predissero per questi tempi navi spaziali, macchine volanti, vita sulla Luna e tanta, tanta visione Kubrickiana.
Non è andata proprio così ma abbiamo fatto passi da giganti; non che la matematica applicata venga introdotta nelle scuole materne, ma almeno ne abbiamo sdoganato l’opinione.
La fisica quantistica ancora non è insegnata nelle scuole elementari, ma siamo sulla buona strada.
Bene, torniamo al vino, materia oggi in discussione e partiamo da tre aggettivi: analitico, soggettivo e temporale.
Analitico è un procedimento – intendiamo chimico in questo caso – che è proprio dell’analisi e procede per via di analisi.
I dati estratti analizzano le parti fondamentali della materia e, ahimè, come lo fu per la matematica, esclude l’opinione.
Un vino è di fatto materia, composto da elementi sensibili al cambiamento quindi non discutibili.
Il vino in fondo è vino, che ci piaccia o no è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione totale o parziale del frutto della vite ovvero l’uva. Ovviamente, raccontato così, perde tutta la sua poesia, ma analiticamente, lo ripeto, parliamo di un processo chimico-fisico.
L’analisi non è soggettiva, ma il vino in fondo lo è.
Soggettivo è un aggettivo che ha fondamento nel soggetto, ciò che esiste in rapporto con il pensiero, quindi intendiamo un’analisi completamente opposta, un’analisi più empirica se vogliamo entrare nel campo della filosofia.
Quindi il vino ha una parte soggettiva, un pensiero tutto personale che può indurre il degustatore ad esternare, con cautela, se un vino è fatto per il suo palato o no, se è di suo gusto o meno.
Ma passiamo alla temporalità che è la condizione – mutevole – di ciò che è temporale.
Tutto muta con il trascorrere del tempo, qualsiasi cosa: le mele si ossidano quasi istantaneamente, le persone invecchiano e le case crollano.
Il vino muore; prima migliora, poi si stabilizza e poi inizia il suo lento declino come la macchina umana e quindi finisce il suo percorso.
Ora, vi chiederete quale è lo scopo di questa introduzione tutt’altro che sommelieristica.
Il vino non è in discussione, la materia vino non può essere più analizzata in maniera soggettiva, perché il vino in fondo è vino: analitico.
La soggettività dipende dal nostro palato, ma questo è influenzato dalla nostra vita: lo stato sociale, la famiglia, il conto in banca, le nostre idee anche filosofiche e tanti altri momenti di riflessione che rendono il vino non buono e nemmeno cattivo, ma soggettivo.
La soggettività va rispettata sempre e comunque.
La temporalità del vino invece ha un duplice aspetto; analitica e soggettiva.
La prima è inesorabile perché alla chimica non si può sfuggire, come alla matematica d’altronde. La soggettività temporale invece va rispettata in qualsiasi caso.
Possono essere di gradimento vini molto vecchi che hanno perso alcune caratteristiche oppure vini giovani che ne possiedono altre.
I vini in fondo sono come i film: possono emozionarti, possono farti ridere o farti piangere. Sono soggettivi.
La parola chiave comunque è sempre una sola: dipende.